“…fummo mandati da un neuropsichiatra infantile che riteneva che problemi di questo tipo potessero avere una base reumatologica e/o allergica.”
Abitiamo a Verona e abbiamo due figli; un maschio ed una femmina rispettivamente di 10 e 8 anni. Nostro figlio è stato un bimbo vivace da sempre. Questo suo carattere deciso e a volte duro (non accettava volentieri nemmeno le coccole) ci ha sempre colpito, ma non abbiamo mai pensato a nulla di particolare. Era sempre in un atteggiamento quasi di sfida, del tipo “vediamo se la regola di ieri è ancora valida oggi”!
Durante la scuola materna il bambino era sicuramente vivace ma gestibile. Le insegnanti, alla fine della scuola materna, erano soddisfatte per come lui avesse imparato a rispettare le normali regole. Nello stesso periodo iniziammo, comunque, una terapia psicologica (che consisteva in due sedute settimanali da 30 minuti di rilassamento), per cercare di aiutare il bambino ad avere più fiducia in sé stesso e a migliorare l’autocontrollo. Anche noi avemmo degli incontri mensili con lo psicologo per migliorare l’ambiente familiare e la nostra coerenza educativa.
L’inizio della scuola elementare fu un disastro: per nostro figlio, che non riusciva a rispettare le regole e i tempi nuovi, ed anche per noi che ci sentimmo cadere il mondo addosso! Quello che ci veniva descritto non sembrava lui e anche le maestre della scuola materna furono sorprese. Il bambino veniva ripreso duramente da una maestra, mentre un’altra era indifferente a tutto quello che faceva (si circondava con le sedie e giocava a sparare). Dopo un acceso incontro con maestre, direttrice, e psicologo (che scaricò sull’istituzione scolastica l’incapacità di gestire in maniera adeguata nostro figlio) decidemmo, approfittando del trasloco, di inserire il bambino in un’altra realtà scolastica dove c’erano delle brave insegnanti (così, almeno ci era stato detto), di cui una era anche psicologa!
La seconda elementare iniziò malissimo. Insegnanti prevenute e, oseremmo dire, cattive. Un giorno nostro figlio fu lasciato libero di mettere l’aula a soqquadro. Abbiamo visto con i nostri occhi (ci avevano chiamato dal lavoro) un’aula con tutti i banchi a terra, le sedie ammassate, cartelle buttate ovunque: un inferno! Quando arrivammo trovammo il bambino abbattuto e avvilito; infatti, le maestre non erano intervenute per impedire i suoi eccessi, limitandosi ad allontanare i compagni. Vi lascio immaginare la nostra angoscia! Pensavamo di aver spostato il bambino in una scuola migliore, trovammo invece incomprensione, ma soprattutto cattiveria. Nell’immediato incontro con la Direttrice Didattica e le Insegnanti ci fu una battaglia senza esclusione di colpi. Alla fine, la Direttrice, riconoscendo implicitamente le nostre ragioni, ci propose di trasferire il bambino in un’altra scuola dello stesso circolo. Accettammo e al rientro dalle vacanze pasquali (a meno di due mesi dalla fine dell’anno scolastico!) nostro figlio entrò in quella che sarebbe stata la sua classe definitiva.
Trovammo subito un ambiente diverso. Il gruppo insegnanti riusciva a far rientrare nella normalità i comportamenti di disturbo e di rabbia del bambino. Finalmente! Durante la terza elementare le insegnanti ci riferirono però che, nonostante il loro impegno, era difficile fare lezione, poiché nostro figlio continuava a disturbare e a mantenere tempi d’attenzione brevi.
Gli incontri con il solito psicologo nel frattempo continuavano, come pure le sedute di rilassamento (erano ormai tre anni), ma senza risultati. Ci diceva “… non ha problemi, pian piano imparerà a controllarsi. Ognuno ha i propri tempi. È la scuola che si deve adeguare”. Su nostra richiesta pressante (non ci convinceva l’assenza di risultati), fummo mandati da un neuropsichiatra infantile che riteneva che problemi di questo tipo potessero avere una base reumatologica e/o allergica. Nostro figlio è stato così sottoposto ad una serie di prelievi ematici per il controllo di particolari parametri. Oltre a ciò, il neuropsichiatra ci richiese un paio di visite da parte di un medico omeopata in provincia di Bolzano che diagnosticò un’allergia alle lecitine e analoghi. Seguimmo le indicazioni terapeutiche e la conseguente dieta, ma anche questa volta senza alcun risultato. Interrompemmo quest’ultima terapia e i rapporti con il neuropsichiatra, dopo aver appurato, attraverso indagini allergologiche tradizionali, l’assenza di allergie. Tra la fine di maggio e l’inizio di giugno del 2000 vedemmo una trasmissione di Superquark sull’ADHD, dove fu intervistato il Prof. Tondo. Nel vedere le immagini del servizio ci sembrava di vedere nostro figlio. La redazione ci diede il recapito sia del Prof. Tondo che del Dr. Renzulli. Durante l’estate del 2000 il bambino fu visitato da quest’ultimo che gli diagnosticò un deficit dell’attenzione, peraltro non molto grave. Prima di iniziare la terapia con il Ritalin il bambino fu sottoposto a due sedute di ipnosi, presso una neuropsichiatra infantile, al solo fine di chiarire se fossero esistite difficoltà nei rapporti tra noi e nostro figlio. Non emerse nulla e con l’inizio della scuola avviammo la terapia farmacologica, interrompendo le sedute di rilassamento con lo psicologo.
Dopo alcune settimane di scuola le insegnanti ci fecero notare che il bambino mostrava improvvisamente una maggiore capacità di concentrazione. Da allora gli insegnanti sanno che il bambino segue la terapia farmacologica verso la quale non hanno dimostrato avversione, si sono anzi dimostrati interessati a conoscere meglio questo disturbo. Attualmente nostro figlio segue abbastanza bene l’attività didattica in classe senza disturbare. Il rendimento scolastico sta lentamente migliorando, anche se le lacune accumulate negli anni precedenti, soprattutto in matematica, rallentano i progressi a discapito dell’autostima.
Per noi non è stato facile accettare l’idea che nostro figlio avesse bisogno di farmaci e riconoscere che qualcosa, in lui, non andava bene. Grazie ai consigli del Dr. Renzulli, da un mese il bambino è seguito nei compiti a casa da una persona estranea alla famiglia, per evitare di appesantire il clima familiare, già sottoposto a dure prove ed anche per rendere il bambino più autonomo nello studio.
Lettera firmata, Verona 9/12/2001