La nostra è stata sempre una famiglia molto unita e con tutti i nostri limiti abbiamo cercato di dare una giusta ed equilibrata educazione ai nostri bambini. Questo figlio, però, è stato un bambino sempre “problematico” anche se molto sensibile, perspicace, intelligente. All’inizio pensavamo si trattasse di “un fatto caratteriale”, poi abbiamo pensato che probabilmente stavamo “sbagliato tutto”… Ma il momento decisivo fu l’inizio della scuola elementare: fu subito un gran disastro! La sua attenzione era praticamente zero, sempre in continuo movimento, incapace di imparare una tabellina o una poesia… A casa era una lotta continua riuscirlo a tenere fermo per studiare… Alla fine della seconda classe i suoi risultati erano estremamente scadenti, in modo particolare nelle materie che più necessitavano di concentrazione.
Fu così che “il caso” volle che ne parlassimo ad un amico, un collega, anche lui pediatra, il quale appena ascoltò la storia propose di incontraci. Aveva avuto un’ampia formazione in psicoterapia e lunga esperienza in Germania sui disturbi psicosociali nei bambini, per sospettare ciò che poi si dimostrò fondato: era affetto dalla “Sindrome da deficit di attenzione e iperattività”, quella che gli americani chiamano con l’acronimo ADHD. La tristezza più grande, però, fu quella di accorgerci che di questa condizione morbosa non ne sapeva quasi niente nessuno e che l’unico farmaco ritenuto da sempre di prima scelta, soprattutto dopo gli ultimi studi effettuati in America sulla genetica dell’ADHD, e considerato in tutto il mondo scientifico spesso necessario per il trattamento di questo grave disturbo, era assente dalle farmacie italiane da oltre dieci anni. Fu così che l’amico e collega pediatra pensò che fosse giunto il momento di far sentire al nostro Ministero della Sanità la voce dei pediatri italiani che, per la loro diffusione sul territorio e la loro vicinanza ai bambini, erano senza alcun dubbio quelli che maggiormente avvertivano il problema dell’assenza del farmaco nel nostro paese.
Nacque così, per la sua sensibilità – attraverso le pagine di “Pediatria On-Line” – quella famosa petizione che raccolse le firme di centinaia di pediatri italiani e i cui effetti non tardarono a farsi sentire. Immediata, infatti, fu la risposta del Ministro, che considerò necessaria la registrazione e la ricommercializzazione del Metilfenidato nelle uniche farmacie europee dove questo farmaco era impossibile acquistare: quelle italiane! Di lì, poi, una cascata di articoli diffamatori sui pediatri, sulla psicofarmacoterapia, su chi veniva incolpato di “voler sottrarre ai propri bambini l’innata esuberanza” attraverso l’uso di droghe, mentre in Italia c’era gia chi, come Francesco Renzulli – pediatra italo-americano che da oltre 15 anni dedicava i suoi interessi e il suo tempo allo studio e alla terapia dell’ADHD – strillava, come una voce nel deserto, per denunciare il mondo scientifico italiano di essere l’artefice di una sofferenza nascosta e misconosciuta dallo strano nome ADHD. Leggiamo assieme le ultime parole di una sua lettera scritta alla fine del luglio 1998: «La mancata conoscenza e l’impossibilità di cura dell’ADHD sono agghiaccianti e indegne di un paese civile. Non solo si ignora un grosso capitolo della patologia umana, ma questo vuoto viene giocoforza riempito da diagnosi “sostitutive”, con conseguenti terapie inutili e dannose. Non possiamo perdere altro tempo, ma dobbiamo prontamente correggere la rotta, pena la mancata cura dei bambini, adolescenti ed adulti in grosse difficoltà che avrebbero invece un destino ben diverso, pena uno smacco pesante alla medicina italiana». Nel frattempo, noi continuavamo a lottare contro i disturbi secondari che l’ADHD aveva scatenato in nostro figlio, ma soprattutto con l’enorme difficoltà di procurarci il farmaco…
Con l’inizio della terapia la concentrazione e i risultati scolastici, grazie all’attenta e sensibile collaborazione degli insegnanti non tardarono a farsi vedere e dopo l’insufficienza del primo quadrimestre, venne promosso a pieni voti, con la soddisfazione delle maestre e la gioia dei genitori. Come spesso accade quando ti trovi con un figlio malato di un qualcosa di cui nessuno ti sa dire niente, abbiamo cominciato a studiare e fare ricerca bibliografica. Più imparavamo e più ci rendevamo conto che era impensabile, vista l’elevata incidenza della malattia e dei suoi importanti risvolti psicosociali, continuare a stare con le braccia conserte. Gli impegni di lavoro ed extra, però, portavano Raffaele troppo tempo lontano da casa e questo rappresentava un problema enorme nella gestione e nell’approccio psicologico con nostro figlio, che avvertiva molto la mancanza del padre. A questo punto ci rendemmo conto che, nella sofferenza il nostro bambino voleva sentirci entrambi vicini. Fu così che Raffaele decise di abbandonare ogni impegno puramente scientifico, politico e sindacale e, assieme a Giulia, cominciano a dedicarsi con tutte le loro forze ed energie alla cura di questo bambino così sensibile, ma allo stesso tempo tanto fragile.
Ma la sofferenza che c’è attorno alle famiglie che hanno un bambino ADHD è troppo forte per non sentire le loro – talvolta silenziose – urla di dolore.
Ecco, perché nasce questo sito e il Progetto “Parents for Parents”. La nostra idea parte dalla convinzione che anche qualcosa di tremendamente brutto, come può sembrare ciò che è “capitato” a noi, può trasformarsi in qualcosa di bello, se impariamo a condividere e ad aiutare chi, nella sofferenza, ci chiederà una mano.
Raffaele e Giulia D’Errico, Napoli 1/5/2001