========= AIFAnewsletter n. 183 anno VIII del 23/09/2010 =============
Notiziario sul Deficit d’Attenzione con Iperattività, disturbi e problematiche ad esso correlati, diffuso dall’Associazione Italiana Famiglie ADHD Onlus.

In questo numero:

1. EVENTI:
– SETTIMANA EUROPEA DELLA CONSAPEVOLEZZA DELL’ADHD 18-26 settembre 2010: Roma e Milan
– ADHD WORKSHOP:”L’implementazione delle Linee Guida per i Centri di Riferimento” 1 ottobre, NAPOLI
– FORMAZIONE ERICKSON OTTOBRE 2010


2. STORIE VERIE: mail di una mamma a due giorni dall’inizio della scuola

3. RASSEGNA STAMPA
speciale Settimana Europea della Consapevolezza dell’ADHD:
articoli positivi:
– Seminario ADHD al via a Martinsicuro
-Il TAR promuove alunna ADHD e boccia i Prof, sentenza apripista
articoli SI-NO:
– 
IPERATTIVITA Farmaci? No, premi
articoli di interesse vario:
– 
neuroscienze >mente> evoluzione: PER IL CERVELLO CI VUOLE attenzione

1. EVENTI:
SETTIMANA EUROPEA DELLA CONSAPEVOLEZZA DELL’ADHD 18-26 settembre 2010: Roma e Milano

AIFA Onlus allestisce dei gazebo informativi nelle piazze delle principali città. Gli appuntamenti in programma sono:
-Sabato 18 e Domenica 19 Settembre a Roma, Largo Argentina, dalle ore 10 alle ore 20
-Sabato 25 e Domenica 26 Settembre a Milano, Piazzale Cadorna, davanti alla Stazione delle Ferrovie Nord, dalle 10 alle 20
Volontari dell’associazione,neuropsichiatri infantili, psicologi e pedagogisti saranno a disposizione per dare informazioni sul disturbo e sulle sue implicazioni per il bambino e la famiglia.

ADHD WORKSHOP:”L’implementazione delle Linee Guida per i Centri di Riferimento” 1 ottobre, NAPOLI
presso l’Hotel Royal Continental,Via Partenope 38, organizzato dal Dipartimento di Neurpsichiatria Infantile e di Pediatria dell?Università Federico II di Napoli
L’iscrizione è gratuita, va inoltrata a
lla segreteria organizzativa Regia Congressi srl di Firenze. Tel 055 795421 Fax 055 7954280 e-mail: info[at]regiacongressi.it

Programma
10.00 Benvenuto ed ibntroduzione al corso – C.Bravaccio
10.30 1° modulo Diagnosi complesse e conorbilità – G.Masi
11.15 Esperienze 2 centri ADHD e Discussione – G.Campolo – A.Agostino
11.45 2° modulo Trattamento farmacologico dell’ADHD – A.Zuddas
12.30 Esperienze 2 centri ADHD e Discussione
13.00 Working Lunch
14.00 1° caso clinico D.Maschietto
14.15 Discussione sul 1°caso clinico
14.30 2° caso clinico – L.Mazzone
14.45 Discussione sul 2° caso clinico
15.00 3° caso clinico – G. Di Vita
15.15 Discussione sul 3° caso clinico
15.30 L’Importanza della connessione tra i centr iADHD – G.Sanna
16.30 3° modulo Trattamento non farmacologico -D. Maschietto
17.15 Esperienze 2 centri ADHD e Discussione
17.45 Conclusioni – C. Bravaccio, A. Pascotto
18.15 Questionario ECM
18.30 Fine lavori

FORMAZIONE ERICKSON
CORSI IN PARTENZA A OTTOBRE 2010

5 Ottobre 2010
LE DIFFICOLTA’ DI APPRENDIMENTO DELLA MATEMATICA: CORSO BASE
Le difficoltà in matematica sono dovute a disturbi/difficoltà specifiche o all’insegnamento sbagliato della materia? Cercheremo di trovare una risposta a questo e altri interrogativi partendo dalla presentazione di come si sviluppa la conoscenza numerica, passando attraverso le modalità e gli strumenti di valutazione delle abilità matematiche, per arrivare alle proposte operative di intervento.
Contenuti: Lo sviluppo dell’intelligenza numerica; Le abilità di calcolo; La valutazione delle difficoltà di calcolo e le modalità di intervento; Il flusso di soluzione dei problemi aritmetici; La valutazione delle difficoltà di problem solving e le modalità di intervento

Tutor: 
Germana Englaro

5 ottobre 2010

Novità 2010
DIFFICOLTA’ DI APPRENDIMENTO IN MATEMATICA: CORSO AVANZATO
Il corso prende le mosse dalle possibili modalità di identificazione delle difficoltà di apprendimento che l’insegnante può svolgere a scuola, analizzando approfonditamente gli strumenti e lavorando su casi veri.
Quindi si imparerà ad analizzare in maniera approfondita gli esiti dei test di screening per progettare degli interventi mirati ed integrati con la didattica.

Autrice: 
Germana Englaro

12 Ottobre 2010
INTERVENTI PSICOEDUCATIVI SUI COMPORTAMENTI PROBLEMA
Il corso intende fornire ai partecipanti basi teoriche e spunti/strumenti operativi per impostare correttamente un intervento psicoeducativo nei casi di comportamenti problema gravi (quali autolesionismo, stereotipie, aggressività, ecc.), tipici del ritardo mentale e dell’autismo.
Contenuti: Comportamenti problema gravi: come si manifestano e quali disagi comportano; Il «come» e il «quanto»: l’osservazione iniziale e la linea di bas; Il «perché»: l’analisi funzionale L’intervento psicoeducativo e il lavoro sul contesto.

Tutor: 
Giorgia Sanna

12 ottobre 2010
DIDATTICA METACOGNITIVA: CORSO BASE
Il percorso formativo suggerisce modalità di intervento per stimolare strategie di automotivazione ad apprendere. Spiega inoltre come aiutare ad elaborare un metodo efficace per comprendere i contenuti, memorizzare e studiare in modo significativo.
Contenuti: Metacognizione: la teoria; L’insegnante e l’alunno meta cognitivo; Le strategie di studio (strategie per comprendere, strategie per ricordare); L’intervento metacognitivo: aspetti applicativi ed esemplificazioni di casi.

Autrice: 
Germana Englaro e Martina Pedron

12 Ottobre 2010
DIDATTICA METACOGNITIVA: CORSO AVANZATO
Il corso si propone di analizzare alcune caratteristiche dell’attività di studio, approfondendo l’approccio metacognitivo. Ad esempio in che modo le motivazioni influiscono sullo studio? Che attinenza hanno le emozioni con il successo scolastico? Cosa sono gli stili attributivi, e che ruolo giocano nell’abilità di studio?
Contenuti: Motivazione,  Apprendimento ed emozioni; Gli stili attributivi; La percezione di autoefficacia

Tutor: 
Susi Cazzaniga

19 ottobre 2010
Novità 2010
TECNOLOGIE E STRATEGIE PER COMPENSARE I DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO
Autori: Flavio Fogarolo (coordinatore), Maria Rita Cortese, Angiolella Dalla Valle, Paolo Rizzato e Caterina Scapin

26 Ottobre 2010
VALUTAZIONE FORMATIVA
Tutor: 
Anna La Prova

26 ottobre 2010
MATEMATICA: IL METODO ANALOGICO-INTUITIVO
Autori: Camillo Bortolato e Patrizia Pigato

CORSI DI AUTOAPPRENDIMENTO
(permettono l’iscrizione in qualsiasi momento dell’anno, a partire da settembre 2010) 

DISTURBI DI ATTENZIONE E IPERATTIVITA’
Molti comportamenti problematici dell’alunno che una volta venivano attribuiti a «disturbo caratteriale» o a «disfunzione cerebrale minima» o addirittura a «cattiva volontà» si sono rivelati la conseguenza di una sindrome specifica: il Disturbo da Deficit d’attenzione con Iperattività (ADHD). Il corso illustra l’utilizzo dei più recenti strumenti messi a punto per l’individuazione del disturbo e presentare le procedure utilizzabili dagli insegnanti nell’ambito di una strategia d’intervento e gestione mirata.
Contenuti: Caratteristiche del disturbo da deficit di attenzione/Iperattività (ADHD); Il bambino iperattivo in classe; Osservazione del comportamento e strategie educative; Gli interventi psicoeducativi.

Autrice:Giorgia Sanna

DIFFICOLTA’ DI APPRENDIMENTO IN MATEMATICA: CORSO BASE
L’apprendimento della matematica costituisce spesso ostacolo e sofferenza per molti studenti, di qualsiasi classe ed età. Si ritiene che per andar bene in matematica si deve avere un’intelligenza superiore, o che se non si è sufficientemente bravi non si potrà mai diventarlo. Queste idee ingenue e statiche sulla materia possono renderne difficile l’acquisizione e l’approccio. Ma intervengono anche altri fattori: le difficoltà in matematica sono dovute a disturbi/difficoltà specifiche o a cattivo insegnamento della materia? Cercheremo di trovare una risposta a questo ed altri interrogativi partendo dalla presentazione di come si sviluppa la conoscenza numerica, passando attraverso le modalità e gli strumenti di valutazione delle abilità matematiche, per arrivare alle proposte operative di intervento.
Autrice:Germana Englaro e Martina Pedron

>> Scheda di iscrizione
Le ulteriori proposte formative che verranno attivate fino a dicembre, le potrete trovare all’indirizzo
www.ericksonformazione.it/corsi/

Per informazioni:
Michela Mosca
Centro Studi Erickson
Via del Pioppeto 24, Fraz. Gardolo – 38121 Trento
Tel. 0461 950747- Fax  0461 956733
E-mail: 
formazione[at]erickson.it

2. STORIE VERIE: mail di una mamma a due giorni dall’inizio della scuola
Ciao, siamo a due giorni dall’inizio della scuola e già non ne posso più.
Ti spiego:la classe di mio figlio è stata decretata vincitrice di un concorso che prevede la rappresentazione al Quirinale di un saggio teatrale nelle date del 20 21 22 settembre.
Ora, sentito la Neuropsichiatra del Centro di Riferimento, abbiamo autorizzato mio figlio a partecipare.Questa mattina il Dirigente scolastico (molto attenta a tutelarsi) mi ha chiamato e tra le righe mi ha detto siamo dei pazzi ad autorizzare l’uscita. Io ho esternato le mie perplessità riguardo all’organizzazione che è molto caotica e disorganizzata, sono una mamma apprensiva … …etc etc
Ho dato la mia disponibilità a seguire il gruppo ma la Dirigente ha risposto che non ha bisogno che noi andiamo a Roma. E’ stata molto chiara ma non diretta, preferirebbe che lui non andasse, ma sono già 10 gg che fanno le prove e lui è eccitatissimo dall’idea.
A questo punto non so davvero che pesci prendere vorrei tanto che mio figlio potesse vivere questa esperienza serenamente ma le prime a non vivere serenamente sono le sue insegnanti.
Accetto consigli, ti prego.
Mail firmata

3. RASSEGNA STAMPA:
speciale Settimana Europea della Consapevolezza dell’ADHD:
riportiamo qui una serie di articoli apparsi sulla stampa nei giorni scorsi, senza aggiungere ulteriori commenti.

18,19, 25 e 26 settembre Roma e Milano
Per conoscere cos’è l’ ADHD
La Settimana Europea della Consapevolezza dell’ADHD nasce su iniziativa di ADHD Europe che riunisce le principali associazioni operanti su base nazionale in 20 Paesi dell’Europa, di cui AIFA Onlus è membro attivo per l’Italia. Obiettivo dell’iniziativa, che ricorre annualmente la terza settimana di settembre, è aumentare la consapevolezza e la conoscenza da parte dell’opinione pubblica nei confronti dell’ADHD (Attention Deficit Hyperactivity Disorder ovvero Disturbo da Deficit di Attenzione/ Iperattivita), uno dei disturbi psichiatrici più comuni nei bambini. Per l’occasione, nei Paesi che aderiscono in tutta Europa, sono previsti eventi, convegni e appuntamenti. In Italia l’iniziativa è promossa da AIFA Onlus, l’Associazione Italiana Famiglie ADHD, che raggruppa le famiglie con bambini e adulti affetti da ADHD, che nelle giornate di sabato e domenica 18/19 settembre a Roma e di sabato e domenica 25/26 settembre a Milano organizza gazebo informativi in piazza. I volontari dell’AlFA Onlus, supportati da professionisti esperti, saranno a disposizione per promuovere una maggiore conoscenza dell’ADHD e distribuire materiali informativi dedicati al disturbo. L’ADHD è uno dei disturbi psichiatrici più comuni nei bambini. Secondo uno studio sistematico comprensivo di questa sindrome, pubblicato nel 2007 sull’ American Journal of Psychiatry, la prevalenza nel mondo di ADHD viene stimata al 5,3 per cento. In Italia la prevalenza dell’ADHD nei bambini è stimata all’I per cento circa. Maggiori informazioni sugli appuntamenti e le iniziative in calendario saranno disponibili sul sito dell’associazione: www.aifa.it.
01/09/2010 Vero – N.9 – settembre 2010 – salute Pag. 6

Malattie nascoste
«Riconoscere l’ iperattività nei bambini»
L’iperattività ed i disturbi dell’attenzione, meglio conosciuti come sindrome «Adhd», sono tra i disturbi psichiatrici più comuni in bambini e adulti, ma sono ancora poco conosciuti. Per sensibilizzare i cittadini di questa subdola malattia che ha profonde implicazioni nella vita familiare, scolastica e sociale, sabato e domenica in via di San Nicola de’ Cesarini (largo di Torre Argentina) dalle 10 alle 20 l’Associazione italiana famiglie Adhd (AifA) ha organizzato banchetti informativi nell’ambito della Settimana Europea della consapevolezza dell’Adhd. Si stima che in Italia il disturbo colpisce più di 250 mila bambini e circa un milione di adulti.
18/09/2010 Corriere della Sera – Roma Pag. 9

Associazioni Genitori: scontro d’opinioni
E. M
In Italia esistono due Associazioni, anzi due schieramenti, di genitori che sul tema dell’ADHD la pensano in modo diametralmente opposto. Secondo “Giù le mani dai bambini” (comitato cui hanno aderito oltre 200 enti e associazioni), l’ADHD non esiste e i farmaci non andrebbero mai dati . «Siamo di fronte a una “moda”, a diagnosi inconsistenti e vaghe – afferma Emilia Costa, psichiatra dell’Università La Sapienza di Roma e membro del comitato scientifico di “Giù le mani dai bambini” -. Gli psicofarmaci sono spesso usati con leggerezza, credendo che le cure non farmacologiche non funzionino: la psicoterapia invece modifica la struttura cerebrale e influisce concretamente sul comportamento, con effetti tangibili e misurabili».
L’idea di “Giù le mani dai bambini” è, in sostanza, che il farmaco sia visto dai medici, e a volte dai genitori, come una sorta di “scorciatoia” per arrivare ai risultati in fretta. A che prezzo, però? Perfino un maggior rischio di morte improvvisa o di suicidio, sottolinea il comitato.
«Non esiste genitore di un bambino con ADHD che non abbia paura dei farmaci e chiunque prova sollievo quando non servono o li possiamo interrompere – ribatte Patrizia Stacconi, presidente dell’Associazione Italiana Famiglie ADHD -. Quando però, dopo anni di sofferenze, vediamo che un medicinale cambia la vita dei nostri figli, dobbiamo assumerci la responsabilità di andare oltre la paura. I farmaci sono l’ultima scelta, ma incontriamo tantissime difficoltà nel garantire ai bambini le altre terapie: spesso non si riesce a fare psicoterapia nelle Asl vicino a casa, trovare psicologi di sostegno ai genitori è difficile, le terapie complementari come l’ippoterapia sono quasi sempre a pagamento. Risultato, ogni famiglia spende ogni anno dai 10 ai 14 mila euro».
19/09/2010 Corriere della Sera – Ed. nazionale Pag. 57

Deficit d’attenzione Nella settimana europea dell’ ADHD uno studio riaccende le polemiche sui rischi di valutazioni frettolose
Iperattivi o vivaci? Il modo giusto per capirlo
Italia all’avanguardia nelle misure per evitare l’eccessivo ricorso ai farmaci
Elena Meli
Entrate in una classe dell’ultimo anno di scuola materna: ci sarà chi ha più di sei anni e chi invece ne ha compiuti cinque solo da qualche mese. Le iscrizioni al primo anno di “scuola dell’infanzia”, infatti, possono essere anticipate, in molti Paesi, Italia compresa, a due anni e mezzo rispetto agli abituali tre. Ebbene, tra tutti questi bambini, almeno in America, i più “giovani” hanno il 60% in più di probabilità di ricevere una diagnosi di ADHD, la sindrome da deficit di attenzione e iperattività. Lo ha dimostrato una ricerca, pubblicata sul Journal of Health Economic, su 12mila bimbi americani, che ha riacceso la discussione su una malattia di cui si parlerà in particolare nei prossimi giorni, in occasione della Settimana europea dell’ADHD, da oggi al 26.
«Un bimbo più piccolo spesso riceve una diagnosi di ADHD solo perché è messo a confronto con compagni più avanti nello sviluppo» commenta l’autore, Todd Elder dell’Università del Michigan, ipotizzando che negli Usa ben il 20% dei 5 milioni di bimbi diagnosticati come iperattivi non lo sia affatto. Un dato su cui riflettere anche in Italia, perché almeno il sospetto di ADHD può effettivamente essere indotto da un paragone scorretto. Bisogna, però, tener presente che, mentre negli Usa la diagnosi di ADHD viene fatta a 8 bambini e adolescenti su 100, in Italia si reputa che soffra di ADHD l’1% dei minori (secondo altre stime, il 3%). Per di più negli Usa il ricorso a sostanze psicoattive, simili alle anfetamine, è molto più frequente.
Il dibattito comunque ferve anche nel nostro Paese, che però nel 2007 ha istituito un “Registro” dei bambini in cura per l’ADHD con i due farmaci in commercio da noi, metilfenidato o atomoxetina. I medicinali possono essere prescritti solo dai Centri iscritti al Registro, che devono operare secondo criteri per il percorso diagnostico e terapeutico prestabiliti. «Vogliamo evitare eccessi di diagnosi e di prescrizione – spiega Pietro Panei, responsabile del Registro presso l’Istituto Superiore di Sanità -. Un bimbo con sospetto ADHD, segnalato dal pediatra, è valutato nei centri di neuropsichiatria infantile del territorio, dove, in caso di diagnosi accertata, inizia la psicoterapia. Se i problemi non si risolvono, arriva a uno dei Centri di riferimento e ripete i test; in caso di conferma di ADHD, si decide la strada terapeutica dando la precedenza al trattamento senza farmaci». E, infatti, un terzo dei 120 Centri, pur avendo fatto diagnosi di ADHD, non ha mai inserito un paziente nel Registro per la cura con i farmaci. Farmaci non privi di effetti collaterali: con il metilfenidato, ad esempio, si rischiano danni cardiovascolari; l’atomoxetina aumenta il pericolo di suicidio. E di fatto si sa ancora poco sulle conseguenze di un uso a lungo termine, iniziato da piccoli. Per capire meglio gli effetti sulla crescita è in corso uno studio europeo cui partecipa anche il Registro italiano.
«Sono farmaci da usare solo quando servono davvero – interviene Maurizio Bonati, responsabile del Laboratorio per la Salute Materno Infantile del Mario Negri di Milano -. Ma in Italia siamo lontani dagli eccessi dell’America dove c’è una forte medicalizzazione indotta anche dalla spinta a risparmiare: le pillole costano molto meno di una psicoterapia che si affronta dopo un iter che richiede più di uno specialista e 12 ore di test e valutazioni cliniche». La diagnosi è peraltro il nodo critico di tutta la faccenda. Chi mette in discussione l’esistenza dell’ADHD in quanto malattia, sottolinea l’inadeguatezza dei test, ai quali risulterebbe “positivo” qualunque bambino un pò vivace. Nel questionario, che può essere usato anche da genitori e insegnanti per indirizzare i primi sospetti ci sono nove situazioni da valutare, tra cui, ad esempio, la riluttanza nel fare i compiti, la tendenza a non ascoltare, ma i comportamenti, per essere significativi devono, per esempio, persistere da almeno sei mesi, creare disagio in più contesti.
«Le valutazioni di genitori e insegnanti sono importanti – sottolinea Giuseppe Chiarenza, vicepresidente della Società italiana di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza -. Durante una visita, più difficilmente si manifestano problemi di distrazione e iperattività: è in gruppo che essere attenti richiede più fatica». Resta un fatto: come per molte patologie neuropsichiatriche la diagnosi è clinica. Una freccia nell’arco di chi nega l’esistenza dell’ADHD, ma qualcosa sta forse cambiando. «Esistono prove che l’elettroencefalogramma dei bimbi con ADHD è diverso dalla norma – dice Chiarenza -. E la valutazione dell’attività elettrica del cervello può anche indicare chi sta rispondendo ai farmaci, mentre i test approfonditi sull’attenzione individuano chi può trarre più beneficio dalle medicine. Una diagnosi accurata è fondamentale per impostare il trattamento, tenendo presente che spesso basta insegnare ai genitori un nuovo modello di comportamento col figlio, che lo gratifichi e lo incoraggi anziché farlo sentire “difficile”». 
19/09/2010 Corriere della Sera – Ed. nazionale Pag. 57

Storia 1
«Il mio ragazzo dice grazie alle medicine»
Vera sofferenza «Questi bambini non sono solo impegnativi, stanno male. Sentono di essere diversi» A nove ore dalla nascita Lorenzo (nome di fantasia) ha preso la sua prima camomilla. Già allora nessuno riusciva a gestirlo: piangeva in continuazione, non voleva stare nella culla. «A due anni eravamo stremati: Lorenzo non dormiva mai – racconta il papà -. Dai due ai cinque anni l’abbiamo fatto visitare da una sfilza di psicologi: tutti davano la colpa a me e mia moglie, dicevano che eravamo inadeguati. C’è voluto impegno per tenere in piedi la famiglia». A cinque anni la prima diagnosi, ipercinesia, ma nessuna proposta di cura. «Ci sentivamo persi. Poi, un anno dopo, leggendo l’intervista al genitore di un bimbo con ADHD, mi è sembrato di sentir descrivere Lorenzo. L’abbiamo portato da una neuropsichiatra, è arrivata la diagnosi e, poi, la psicoterapia, il corso di “parent training” per noi genitori. Le cose miglioravano, ma l’ingresso alle elementari fu disastroso: l’insegnante non voleva assecondare le esigenze del bambino».
Per anni Lorenzo subisce bullismo e violenze psicologiche, senza raccontare niente a casa. Finché in quinta elementare esplode con crisi di pianto alla sola idea di entrare in classe. Cambia scuola a tre mesi dall’esame, in prima media trova finalmente insegnanti che collaborano, lo inseriscono nel gruppo. L’anno è comunque difficile, i genitori decidono di provare col metilfenidato: «Non l’abbiamo fatto a cuor leggero, ma perché il farmaco poteva aiutare Lorenzo a star meglio con se stesso e con gli altri. Avevamo paura, certo.
Quando abbiamo visto che era più sonnolento del solito abbiamo interrotto la terapia. Ma era bastata a dargli una spinta, e in seconda e terza media ha recuperato il tempo perduto». Oggi Lorenzo ha quindici anni e faancora psicoterapia: la sua iperattività è sotto controllo, anche se sono rimasti gli strascichi di una vita di disagi. «Non riesce a farsi degli amici, ha il vuoto intorno – dice il papà -. Mi chiede perché è diverso, che cos’ha di sbagliato. Perché questi bambini non sono solo vivaci, stanno male. Loro per primi».

19/09/2010 Corriere della Sera – Ed. nazionale Pag. 57<

Storia 2
«Per nostro figlio solo psicoterapia»
Dire di no «È difficilissimo opporsi a tutti, medici e insegnanti, dicendo no alle pastiglie»
E. M.
Andrea (nome di fantasia) è sempre stato un bambino vivace, non stava mai fermo. I medici non gli avevano diagnosticato l’ADHD, ma avevano comunque consigliato un aiuto per superare le difficoltà in classe: alle elementari Andrea aveva un sostegno e, dalla terza in poi, ha anche fatto psicoterapia. In prima media l’inizio dell’incubo: nella nuova scuola Andrea non segue, fa confusione, non si interessa a niente. Le insegnanti non lo aiutano, anzi arrivano a isolarlo in una stanza senza farlo partecipare alle lezioni; segnalano ai genitori le difficoltà, inizia la trafila alla Asl e all’ospedale. Arriva la diagnosi di ADHD e, subito, la prescrizione del farmaco (al momento dei fatti il Registro non era ancora attivo). E i genitori si rifiutano. «Abbiamo chiesto se fosse l’unica soluzione, ci è stato detto di sì. Ci si sono drizzati i capelli in testa, perché avevamo letto che cosa era accaduto in America a bambini in cura coi farmaci: effetti collaterali pesanti, morti sospette – racconta il papà di Andrea -. Ci siamo opposti, nonostante in consiglio di classe ci venisse detto che, rifiutando il farmaco, non stavamo seguendo nostro figlio nel modo giusto. Noi sentivamo che Andrea non aveva bisogno delle medicine, vedevamo che aveva interessi diversi e per questo forse non stava attento in classe. È stato difficilissimo opporsi al parere di tutti». Andrea poi è stato visitato da altri neuropsichiatri che hanno sostenuto la posizione dei genitori: ha cambiato scuola, ha continuato con la psicoterapia, ma non ha mai preso una pillola. «Nella nuova scuola è stato accolto come un bambino uguale agli altri, non ha mai avuto problemi e dopo un pò ha potuto anche smettere di incontrare lo psicologo» dice il padre. Oggi Andrea sta per compiere 17 anni, va volentieri a scuola e si trova bene con compagni e insegnanti. Ha trovato la sua strada, adora i computer. Vorrebbe diventare come Bill Gates
19/09/2010 Corriere della Sera – Ed. nazionale Pag. 57

vivere meglio In movimento
Stare nel banco è una tortura. Concentrarsi una fatica. L’ Adhd , “sindrome” sfuggente, va sconfitta da piccoli
Paola Trombetta
Comportamento Si alzano di continuo dal banco. Sono insofferenti e si distraggono per nulla. Spesso scambiati per scolari disattenti, sono invece “malati” di Adhd ( Attention Deficit Hyperactivity Disorder ). In Italia ne soffrono 250mila bambinie un milione di adulti (se non la si cura per tempo, persiste). «È una patologia neurobiologica di difficile diagnosi: un campanello d’allarme è il comportamento alterato fuori casa» spiega Vera Valenti, neuropsichiatra infantile, responsabile del Centro per lo studio della Adhd del Fatebenefratelli di Milano. «La causaè la carente regolazione di alcuni neurotrasmettitori ( dopamina, noradrenalina) che presiedono all’attenzione e concentrazione. Nei casi in cui la terapia psicologica cognitivo-comportamentale non funziona, si consigliano i farmaci. Le linee-guida indicano il metilfenidato (il controverso Ritalin ), per un tempo limitato. In alcuni casi si prescrive l’ atomoxetina: è in corso uno studio-confronto tra i due farmaci, curato dall’Istituto Mario Negri. I bambini in terapia sono monitorati con visite specialistiche e i dati riportati in un Registro nazionale. L’Aifa Onlus (Associazione famiglie Adhd) organizza dal 18 settembre una settimana di informazione a Roma e a Milano. Info: aifa.it, tel. 0761/508126.

18/09/2010 Io Donna – N.38 – 18 settembre 2010 Pag. 303

BAMBINO e COMPORTAMENTO
Mio figlio è ìperattivo
Essere irrequieti è normale. Ma ci sono bimbi agitati al punto di stare male: soffrono di Adhd . Le soluzioni migliori
Spesso sono considerati bambini troppo vivaci, con poca voglia di applicarsi. Invece, i piccoli che soffrono del disturbo da deficit di attenzione, chiamato anche disturbo da iperattività o Adhd, hanno vere e proprie difficoltà, indipendenti dalla loro volontà. LAdhd è un disturbo riconosciuto a livello medico: questo non significa che ogni bambino un po’ vivace ne soffra. Anzi. Proprio per favorire una corretta conoscenza del problema dal 19 al 26 settembre si svolge la settimana europea dell’Adhd. Forte disattenzione e impulsività è Adhd, dall’inglese Attention-deficit/ hyperactivity disorder (disturbo da deficit di attenzione/iperattività) è uno dei disturbi neuropsichiatrici più frequenti nell’età evolutiva. Colpisce dall’I al 3% dei bambini di età inferiore ai 6 anni. E’ caratterizzato da un marcato livello di disattenzione e da una serie di comportamenti che denotano iperattività e impulsività. • In pratica, i bambini con Adhd, non riescono a controllare le loro risposte all’ambiente, sono disattenti, iperattivi e impulsivi, al punto da arrivare a compromettere la loro vita di relazione.
NON E SINONIMO DI VIVACITÀL’iperattività non va confusa con la svogliatezza, la scarsa attenzione e soprattutto la vivacità. Un bambino che soffre di Adhd non è semplicemente un bimbo attivo ed esuberante. La vivacità, infatti, è una caratteristica normale e sana. Anzi, è un segno positivo: significa che il piccolo sta bene, sia dal punto di vista fisico sia dal punto di vista psicologico. Può anche accadere che il bimbo attraversi dei momenti in cui è più attivo del solito, ma anche questo è un fatto normale. L’iperattività, invece, è un vero e proprio disturbo, che influenza la qualità di vita del piccolo e il suo rendimento scolastico.
UN DISTURBO CHE SI RIPERCUOTE SULLA SUA VITASi può parlare di iperattività solo quando la vivacità, la disattenzione e l’impulsività diventano persistenti e hanno conseguenze importanti sulla vita del bambino. Senza queste due caratteristiche, non si può parlare di malattia. Si parla, infatti, di Adhd solo nel momento in cui i sintomi diventano cronici e costanti in bambini con meno di 6 anni e si manifestano sia a scuola sia a casa. Per quanto riguarda le conseguenze, un bambino è considerato malato di Adhd solo se i sintomi sono tali da rendere difficoltose le sue attività o ostacolano la sua capacità di stare con gli altri. Quando un bambino è iperattivo, con scatti nervosi, sempre agitato e a volte violento, spesso ha anche una scarsa capacità di attenzione e non riesce a stare in mezzo agli altri. • Molti pensano che la colpa sia dei genitori, che lo hanno educato male oppure dell’ambiente in cui è cresciuto o, ancora, del suo carattere svogliato e pigro. Nella gran parte dei casi, non è così. La famiglia c’entra poco: il disturbo da deficit di attenzione/iperattività è un vero e proprio problema neurobiologico. Ciò significa che alla base ci sono alterazioni nervose precise. • Osservando la risonanza magnetica del cervello di alcuni bambini colpiti da Adhd, infatti, si è visto che le aree cerebrali preposte al controllo dell’attenzione in quei casi sono alterate. La responsabilità, dunque, è di alcune disfuzioni cerebrali.
Le cause possibili Le cause di queste alterazioni non sono ancora del tutto conosciute. Si ipotizza, però, che all’origine ci siano sia fattori genetici sia cause ambientali. È probabile, dunque, che il bambino che soffre di Adhd abbia una predisposizione genetica di base, che si trasforma in malattia vera e propria quando viene esposto a determinate condizioni. Fra i fattori scatenanti riconosciuti ci sono: • la prematurità se un bambino nasce prima del termine ha maggiori probabilità di soffrire di Adhd; • fumo e alcol in gravidanza se la mamma durante i nove mesi ha fumato e bevuto alcolici, il piccolo è più predisposto al disturbo da iperattività.
ILPROBLEMA NON VA NEGATO, MA NEMMENO ACCENTUATOPer i genitori e gli insegnanti non è facile capire quando un bambino soffre di Adhd. C’è, infatti, una resistenza inconscia da parte dei parenti a riconoscere il problema, per paura del giudizio degli altri. D’altro canto si rischia, a volte, una diagnosi frettolosa: si considera malato un bambino che, invece, è solo un po’ agitato o sta passando un momento difficile. Ammettere che c’è qualcosa che non va nel comportamento di un piccolo non significa riconoscere di essere stati cattivi genitori, al contrario: significa essere genitori attenti, pronti ad aiutare il bambino. Per questo, in caso di dubbio è sempre bene consultarsi con gli insegnanti e con il pediatra.
I SEGNALI DA NON SOTTOVALUTARE Vediamo quali sono i segnali a cui prestare attenzione. Per quanto riguarda la scuola, per esempio, se un bambino è iperattivo può accadere che tenda ad alzarsi continuamente dal suo posto, ignorando i rimproveri delle insegnanti e ostacolando lo svolgimento delle lezioni. In più, questi bimbi possono manifestare difficoltà di concentrazione e anche a svolgere i compiti. Proprio per questo motivo, spesso il loro profitto scolastico è scarso. La conseguenza è che i bambini cambiano molte volte banco, classe e persino scuola. Essendo impulsivi, i bimbi iperattivi fanno fatica a controllarsi: tendono a essere sempre in movimento, a non rispettare le regole e ad avere difficoltà a mangiare insieme alla famiglia.
No a diagnosi fai-da-teLa diagnosi deve essere estremamente precisa e spetta a un esperto. Si tratta di un percorso complesso anche perché, spesso, l’iperattività si associa anche ad ansia o disturbi dell’umore. Inoltre, curare un bambino che non soffre di Adhd può produrre molti danni al suo sviluppo, quindi, è importante evitare il fai-da-te e cercare più di una conferma da parte del medico. Gli esperti, oltre a basarsi sull’osservazione diretta dei comportamenti dei bambini, si affidano anche ad altre indagini. In particolare, sottopongono i diretti interessati, oltre a genitori e insegnanti, a una serie di test. In alcuni casi, è necessario osservare i bambini all’interno di un contesto ospedaliero. In pratica, per due-tre giorni i bambini devono essere portati in reparto (in regime di day-hospital) dove sono sottoposti a prove e valutazioni neurologiche (risonanza magnetica del cervello), anche per escludere la presenza di altre malattie ^ 71 Se gli specialisti diagnosticano l’Adhd è fondamentale intervenire, in modo che il bambino possa stare subito meglio. Più si aspetta, infatti, più la situazione rischia di peggiorare. • Le cure esistono e sono molto efficaci. E importante, anche, che i genitori collaborino con gli specialisti. Gran parte dei trattamenti, infatti, richiede la loro diretta partecipazione. • II tipo di intervento è personalizzato e prevede una cura multimodale, ovvero una combinazione di interventi medici, educativi, comportamentali e psicologici sul bambino e sui genitori. • Nelle forme più serie, se i medici lo ritengono necessario, si può associare una cura a base di farmaci, si tratta di medicinali che possono avere effetti collaterali È quindi è essenzialenon abusarne.
Le regole per i genitoriAi genitori vengono anche spiegati gli accorgimenti necessari per gestire correttamente il comportamento del bambino con Adhd. Per esempio, è utile creare un ambiente che favorisca l’autoregolazione e la riflessività del bambino. Un ambiente semplice e organizzato, con ritmi cadenzati, infatti, può aiutare molto il bambino ad affrontare meglio le sue difficoltà. È importante, poi, che i genitori si rivolgano al bambino in maniera chiara, ovvero esprimendo, con poche parole, un pensiero alla volta. Infine, i genitori dovrebbero essere di supporto e di sostegno l’uno all’altro: un’unica squadra, mai in contrasto, anche nel confermare le richieste dell’altro genitore e nell’assicurarsi che vengano eseguite dal

piccolo.
II trattamento psicoeducativoII trattamento di prima scelta è di tipo psicoeducativo. Per prima cosa, gli specialisti “educano” i genitori, spiegando loro che cos’è l’Adhd e come va affrontato. Mamma e papa, infatti, devono prima conoscere il disturbo di cui soffre il figlio per potere, poi, riconoscere anche il comportamento del piccolo. A questo punto, i genitori vengono invitati ad avere un atteggiamento risoluto e deciso verso il bambino: devono dargli regole precise, brevi e chiare, facendo in modo che le rispetti. All’inizio può non essere facile, ma non bisogna perdere la pazienza e insistere. Ci si può aiutare con il meccanismo del premio, ovvero ricompensare il bambino quando si comporta bene, oppure penalizzarlo quando agisce in modo sbagliato o sfidando la loro autorità. Le ricompense, così come le punizioni, possono essere “concrete”, per esempio un regalo o, al contrario, l’obbligo di pulire la cameretta. Si può premiare il bambino facendogli dei complimenti o permettendogli di stare alzato un quarto d’ora in più, oppure lo si può punire rimproverandolo verbalmente o impedendogli di guardare la tv. In genere, si riscontra un netto miglioramento dopo poche settimane d’intervento psicoeducativo ma, in un terzo dei casi, i bambini hanno problemi più seri e di più difficile risoluzione. Se dopo 6 mesi di trattamento psicoeducativo e cognitivo non ci sono miglioramenti e l’Adhd continua a interferire con la qualità di vita del bambino, i medici possono proporre una cura a base di farmaci, che varia da caso a caso. Lo scopo è correggere le disfunzioni cerebrali alla base del disturbo. In Italia, le cure farmacologiche per l’Adhd possono essere effettuate solo nei centri regionali di riferimento (ce ne sono un centinaio sparsi sul territorio) e vanno segnalate nel Registro nazionale Adhd.
Chi e contro certi medicinaliI farmaci più usati per i casi molto seri di Adhd sono gli psicostimolanti, in particolare il metilfenidato. È importante ricordare che si tratta di medicinali che vanno sempre prescritti da un neuropsichiatra, dopo aver provato tutte gli altri trattamenti. Molti sono contrari all’uso di questi farmaci nei bimbi. Non a caso è in corso una campagna d’informazione “Perché non accada” (www. perchenonaccada.org), che sostiene come molti comportamenti, tra cui l’iperattività, non siano malattie e di conseguenza non abbiano bisogno di farmaci. Il bimbo può cadere nello sconforto Questo disturbo può avere conseguenze a lungo termine: i bambini, infatti, possono arrivare a perdere fiducia in se stessi e nelle loro capacità. Più passa il tempo, più si rendono conto di non riuscire a fare quello che tutti i loro coetanei fanno: seguire le lezioni, finire compiti e rapportarsi con gli altri bambini. Queste difficoltà possono gettarli nello sconforto, facendo perdere loro l’autostima. Per esempio, alcuni bambini si rifiutano di andare a scuola perché non riescono ad apprendere e perché si sentono esclusi dagli altri. Se non si interviene nel modo corretto, la situazione può peggiorare: il bambino ha un livello di concentrazione sempre più limitata nel tempo e una difficoltà sempre crescente a frenare i suoi impulsi.
La settimana della consapevolezza Dal 19 al 26 settembre si svolge la settimana europea della consapevolezza dell’Adhd. L’iniziativa è stata organizzata da Adhd Europe, un’organizzazione europea che riunisce le principali associazioni operanti su base nazionale, con l’obiettivo di favorire una maggiore conoscenza di questo disturbo. • In occasione di questa settimana informativa, Adhd Europe e le associazioni Adhd nazionali promuovono, in vari Paesi d’Europa, numerose attività di sensibilizzazione. • In Italia, Aifa Onlus (l’Associazione italiana famiglie Adhd) è presente con alcuni gazebo sabato 18 e domenica 19 settembre a Roma e sabato 25 e domenica 26 settembre a Milano. Nei gazebo, in cui verranno distribuiti materiali informativi, saranno a disposizione volontari Aifa ed esperti per dare informazioni sul disturbo e sulle sue implicazioni per il bambino e la famiglia. Per conoscere gli indirizzi esatti si può consultare il sito:www.aifa.it
A CHI RIVOLGERSI In Italia esistono circa 110 centri di riferimento regionali dove è possibile ricevere la diagnosi di Adhd, che viene eseguita da un’equipe di esperti di cui fanno parte un neuropsichiatra infantile, un pediatra, uno psicologo, un pedagogista o gli assistenti sociali. Per conoscere l’elenco dei centri di riferimento regionale, sì può consultare il sito dell’Istituto superiore di sanità: www.iss.it/adhd. Per avere informazioni sull’Adhd e ricevere sostegno, ci si può rivolgere ad Aifa onlus, l’Associazione italiana famiglie Adhd, nata per volontà di alcuni genitori di bambini colpiti da questo disturbo. Inoltre, Aifa onlus organizza anche un percorso che prevede incontri di gruppo, guidati da psicologi, in cui si affrontano i temi più complessi come la gestione dei figli e si propongono strategie di comportamento per modificare gli aspetti più difficili.
Servizio di Silvia Finazzi. Con la consulenza del professar Paolo Curatolo, ordinario di Neuropsichiatrìa infantile e direttore dell’unità operativa di Neuropsichiatria infantile del policlinico Tor Vergata di Roma.
La collaborazione degli insegnantiPerché il trattamento abbia successo è fondamentale creare un’alleanza con gli insegnanti. Gli specialisti e i genitori devono comunicare anche con gli insegnanti per aiutarli a comprendere le difficoltà e i punti di forza, che spesso non sono pochi, del bambino con Adhd. I bambini con disturbo da iperattività vanno assistiti anche sul piano cognitivo e comportamentale. Insegnanti, genitori e specialisti devono, cioè, aiutarli concretamente a migliorare il loro comportamento. Esistono giochi, test e percorsi che sono molto utili in questi casi. Per esempio, è possibile allenare in maniera molto efficace l’ attenzione. Sono i medici, poi, a consigliare, caso per caso, quali sono i test e i giochi da fare per aiutare il piccolo a dosare la sua iperattività e a imparare a stare in classe integrandosi con gli altri.
17/09/2010 Viver Sani e Belli – N.39 – 24 settembre 2010 Pag. 70

ADHD : IN ITALIA 250MILA BIMBI, AL VIA SETTIMANA EUROPEA
Salute
Roma, 17 set. – Gli esperti la denominano con un acrononimo coniato dall’inglese, Adhd (Attention Deficit Hyperactivity Disorder ovvero Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattivita’) ed e’ uno dei disturbi psichiatrici piu’ comuni nei bambini. Si stima che nel mondo l’incidenza sia pari al 5,3% della popolazione (con grande variabilita’), mentre In Italia la prevalenza di Adhd infantile e’ stimata intorno al 3/4%, che corrisponde a circa 270.000/360.000 bambini. “L’Adhd – dichiara Patrizia Stacconi, presidente Aifa Onlus, l’Associazione italiana famiglie Adhd – e’ un disturbo complesso e problematico, purtroppo ancora poco noto e riconosciuto nel nostro Paese”. Nasce proprio con l’obiettivo di favorire una maggiore conoscenza del disturbo, l’iniziativa della Settimana Europea della Consapevolezza dell’Adhd, promossa in Italia da Aifa Onlus e ideata a livello internazionale da Adhd Europe, organizzazione che riunisce le principali associazioni no profit europee attive nell’ambito dell’Adhd. L’iniziativa, che ricorre annualmente la terza settimana di settembre, prevede l’organizzazione di numerose attivita’ di sensibilizzazione in tutti i 20 Paesi Ue che aderiscono. In Italia, Aifa Onlus allestisce dei gazebo informativi nelle piazze delle principali citta’. Gli appuntamenti in programma sono domani, sabato 18 e domenica 19 settembre a Roma e sabato 25 e domenica 26 settembre a Milano. Volontari dell’associazione e neuropsichiatri infantili saranno a disposizione per dare informazioni sul disturbo e sulle sue implicazioni per il bambino e la famiglia. “Questa iniziativa – contintua Stacconi – e’ una grande opportunita’ non soltanto per favorire la conoscenza del disturbo, ma anche dei suoi risvolti nell’ambito della vita familiare, scolastica e sociale”. Per maggiori informazioni sugli appuntamenti: www.aifa.it e tel. 0761-508126 (Aifa Onlus), lunedi’, mercoledi’ e venerdi’ ore 9.30/12.30-16/19.
“L’Adhd e’ un disturbo di origine neurobiologica – sostiene il professor Paolo Curatolo, Primario dell’Universita’ degli Studi di Roma “Tor Vergata” -. E’ caratterizzato da un marcato livello di disattenzione e da una serie di comportamenti che denotano iperattivita’ e impulsivita’, piu’ seri e frequenti di quanto tipicamente venga osservato in individui a un livello paragonabile di sviluppo”.”Pertanto – continua Curatolo – i bambini affetti da Adhd non riescono a controllare le loro risposte all’ambiente, sono disattenti, iperattivi e impulsivi, fino a compromettere la loro vita di relazione e scolastica”. L’Adhd non e’ un dusturbo solamente pediatrico, ma interessa anche gli adulti. Molti bambini e adolescenti con Adhd, crescendo, diventano infatti adulti con Adhd. “Il quadro clinico puo’ modificarsi rispetto a quanto riscontrato in eta’ giovanile, ma l’iperattivita’, l’inattenzione e l’impulsivita’ spesso permangono, soprattutto se non diagnosticati e trattati in eta’ giovanile”, continua Curatolo. In Italia, la prevalenza dell’Adhd negli adulti e’ stimata attorno al 2%, che corrisponde a poco piu’ di 1 milione di persone.
AGI Sito Web 17/09/2010

Iperattivi o vivaci: il modo per capirlo
ITALIA ALL’AVANGUARDIA NELLE MISURE PER EVITARE L’ECCESSIVO RICORSO AI FARMACI
Nell’ultimo anno di materna i più “giovani” hanno il 60% in più di probabilità di ricevere la diagnosi di ADHD(Newpress) MILANO – Entrate nell’ultima classe di una scuola materna, quella dei bimbi di 5 anni: ci sarà chi ormai ha sei anni e chi ne ha appena compiuti 5, perché c’è una data-spartiacque (in Italia il 1 gennaio) per l’iscrizione a scuola in un anno scolastico o nel successivo.
Ebbene, i più “giovani” della classe hanno il 60 per cento in più di probabilità di ricevere la diagnosi di ADHD, la sindrome da deficit di attenzione e iperattività, rispetto ai più grandi. Lo ha dimostrato una ricerca statunitense pubblicata sul Journal of Health Economics, condotta su 12mila bimbi americani, riaccendendo la discussione su una malattia che secondo alcuni è stata “inventata” ad arte, a pochi giorni dalla Settimana Europea dell’ADHD, dal 18 al 26 settembre.
TERAPIA CON FARMACI – «Un bimbo del 31 dicembre si ritrova con l’etichetta di ADHD assai più facilmente di uno nato a 24 ore di distanza, il 1 gennaio, solo perché è il più piccolo della sua classe e viene messo a confronto con compagni più avanti nello sviluppo», scrive l’autore, Todd Elder dell’università del Michigan, ipotizzando che negli Stati Uniti un buon 20 per cento dei 5 milioni di bimbi con la diagnosi di ADHD non sia affatto malato. Un dato non irrilevante, visto che di là dall’oceano alla diagnosi fa spesso seguito la terapia con i farmaci, sostanze psicoattive simili alle anfetamine al centro di una bufera perché accusate di “drogare” i bambini, esponendoli a effetti collaterali gravi. Il dibattito ferve anche nel nostro Paese che però nel 2007 ha istituito, unico al mondo, un Registro dei bambini in cura per l’ADHD con i due farmaci in commercio in Italia, metilfenidato o atomoxetina: i medicinali possono essere prescritti solo dai Centri iscritti al Registro, che ha anche stilato criteri precisi per il percorso diagnostico e terapeutico.
«In questo modo vogliamo evitare eccessi di diagnosi o prescrizione – spiega Pietro Panei, responsabile del Registro presso l’Istituto Superiore di Sanità -. Un bimbo con sospetto ADHD, segnalato dal pediatra, viene valutato presso i centri di neuropsichiatria infantile del territorio dove, in caso di diagnosi, inizia la psicoterapia. Se i problemi non si risolvono, arriva a uno dei nostri centri di riferimento e qui ripete i test diagnostici; poi, in caso di conferma di ADHD, si decide la strada terapeutica più indicata dando sempre la precedenza al trattamento senza farmaci. L’uso improprio dei medicinali preoccupa tutti».
EFFETTI COLLATERALI – I due farmaci usati per l’ADHD infatti non sono privi di effetti collaterali: con il metilfenidato per esempio si rischiano danni cardiovascolari, l’atomoxetina aumenta il pericolo di suicidio. E di fatto si sa ancora poco sulle conseguenze di un uso a lungo termine, iniziato in tenera età: per capire meglio gli effetti sulla crescita è in corso uno studio europeo a cui partecipa anche il Registro ADHD italiano. «Sono farmaci da usare con cautela, solo quando servono davvero – interviene Maurizio Bonati, responsabile del Laboratorio per la Salute Materno Infantile dell’Istituto Mario Negri di Milano -. Ma in Italia siamo lontani dagli eccessi statunitensi, dove c’è una tendenza alla medicalizzazione indotta anche dalla spinta a risparmiare: le pillole costano molto meno che imbarcarsi in psicoterapia dopo aver superato un iter diagnostico che richiede più di uno specialista e dalle 10 alle 12 ore di sedute, test e valutazioni cliniche del bambino». La diagnosi è peraltro un nodo critico di tutta la faccenda. Chi sostiene che l’ADHD sia di fatto un’invenzione delle case farmaceutiche sottolinea l’inadeguatezza dei test, a cui risulterebbe positivo qualunque bambino appena un po’ vivace: nel questionario, che può essere usato anche da genitori e insegnanti per indirizzare i primi sospetti (ma non per fare la diagnosi vera e propria, per cui serve il medico), ci sono nove situazioni da valutare, tra cui per esempio l’incapacità del bimbo di tenere in ordine le proprie cose, la riluttanza a fare i compiti, la tendenza a non ascoltare. A prima vista ci si potrebbe ritrovare qualunque alunno delle elementari, ma i sintomi tra le altre cose devono persistere da almeno sei mesi, essere incongrui con il grado di sviluppo del bambino, creare disagio in più di un contesto.
DOSARE LE ENERGIE – «Le valutazioni di genitori e insegnanti servono perché è essenziale capire se e come i problemi si manifestino in diversi momenti della vita del bimbo – sottolinea Giuseppe Chiarenza, vicepresidente della Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza -. In una visita a due praticamente nessuno manifesta problemi di distrazione e iperattività, è in gruppo che essere attenti richiede più energie. E i bimbi con ADHD sono come motori perfettamente funzionanti, che però consumano troppo: dobbiamo insegnare loro a dosare le energie, dandogli per esempio più tempo per assolvere ai loro compiti o assegnandogliene di meno gravosi». Resta un fatto: come per molte patologie neuropsichiatriche la diagnosi è clinica, non ci sono marcatori biologici della malattia. Un’altra freccia nell’arco di chi nega l’esistenza dell’ADHD, ma qualcosa sta forse cambiando: «Esistono ormai prove che l’elettroencefalogramma dei bimbi con ADHD è diverso dalla norma e ha caratteristiche specifiche – dice Chiarenza -. La valutazione dell’attività elettrica del cervello può indicare chi sta rispondendo ai farmaci, mentre i test approfonditi sull’attenzione individuano chi può trarre maggior beneficio dalle medicine. Una diagnosi accurata è fondamentale per impostare il trattamento più opportuno, che non per forza richiede il farmaco: spesso basta insegnare ai genitori un nuovo modello di comportamento col figlio, che lo gratifichi e lo incoraggi anziché farlo sentire diverso e “difficile”, per innescare una risposta positiva», conclude il neuropsichiatra.
Elena Meli 19 settembre 2010 Corriere.it Sito Web

articoli positivi:
Sindrome dell’ Adhd Seminario al via a Martinsicuro
La direzione didattica “Sandro Pertini” di Martinsicuro ha organizzato per oggi, dalle 15 alle 19, in sala consiliare, un seminario dedicato alla sindrome dell’Adhd (Attention-Deficit/Hyperactivity, Disorder). Al seminario parteciperanno come relatori: il neuropsichiatra infantile Renato Cerbo e lo psicologo Giuseppe Biancucci.
L’invito è rivolto a insegnanti, genitori, educatori, assistenti e a tutti coloro che sono impegnati in attività ricreative ed educative con bambini in età scolare. L’Adhd è un disturbo del comportamento caratterizzato da inattenzione, impulsività e iperattività motoria che rende difficoltoso e spesso impedisce il normale sviluppo e integrazione sociale dei bambini. Spesso si presenta con altri disturbi. I disturbi che più frequentemente vi si associano sono il disturbo oppositivo-provocatorio e quelli della condotta, il Dsa (disturbo specifico di apprendimento cioè dislessia) i disturbi di ansia. La presenza di bambini con Adhd è frequente in tutte le classi di ogni scuola. Spesso stigmatizzati perché oppositivi, distratti, senza alcuna voglia di lavorare, che non

riescono a concentrarsi su un lavoro neanche per qualche minuto, disordinati all’eccesso.
14/09/2010 Corriere Adriatico – Ascoli Pag. 10

CADELBOSCO SOPRA Clamorosa sentenza del tribunale amministrativo regionale sul ricorso dei genitori
Il TAR promuove alunna ADHD e boccia i Prof, sentenza apripista
L’avvocato Cristian Grazioli: «La situazione della bimba è stata sottovalutata»
CADELBOSCO SOPRA Una sentenza che ha suscitato molto scalpore nell’ambiente della scuola reggiana e che è destinata a fare giurisprudenza fungendo da apripista per altri analoghi casi. È quella relativa al caso della ragazzina bocciata in prima media all’Istituto Comprensivo “G. Pascoli” di Cadelbosco Sopra, quindi ammessa in seconda dai giudici del Tar di Parma per i presunti “difetti di insegnamento ” dei professori che non avrebbero messo in atto tutti gli sforzi necessari per aiutare la giovane in difficoltà.
«Quella del Tribunale amministrativo di Parma – sottolinea soddisfatto l’avvocato della famiglia, Cristian Grazioli – è una sentenza che ha una rilevanza notevole ed è una tra le prime in Italia». Il ricorso presentato si basa su un capisaldo preciso: la situazione complessiva della giovane «è stata sottovalutata». «Non è stata ponderata in tutti gli aspetti» aggiunge poi, facendo riferimento a «problemi di apprendimento» della giovane. E infatti i giudici nel documento hanno scritto che «le generiche motivazioni» addotte dagli insegnanti per la bocciatura dell’alunna «non sono suffragate dalla dimostrazione del tentativo di porre in essere tecniche di intervento personalizzati e mirati al rientro del disturbo di attenzione e iperattività di cui la scolara è consapevole portatrice». La valutazione si sarebbe limitata ai voti negativi nelle materie e poco più, ma non avrebbe sufficientemente tenuto conto delle difficoltà della giovane. Inoltre, durante l’anno scolastico non sarebbero state messe in atto strategie ad hoc per aiutarla a superarle. E proprio per questo il Tar ha sposato la tesi dei genitori e annullato la bocciatura, facendo riferimento anche ad alcune indicazioni emanate dal Ministero dell’Istruzione per valutare i casi di disturbo nell’apprendimento. L’avvocato non vuole calcare la mano sulle critiche ai professori – «chi lavora può sbagliare» -, ma osserva come la famiglia e gli insegnanti abbiano «ragionato su prospettive differenti». Tra le parti «c’è comunque stato un atteggiamento civile».
«Quando la ragazzina ha saputo che potrà andare in seconda classe ha pianto dalla contentezza», rivela il legale. Ora si tratta di «applicare l’ordinanza». Nonostante la sentenza, infatti, l’alunna non è ancora potuta rientrare. «Non so ancora niente», le lapidarie parole del dirigente scolastico Giuseppe Fierro prima di riattaccare gentilmente il telefono . La speranza è quella che già da lunedì l’alunna possa sedersi tra i banchi della seconda con i suoi compagni e passare presto dalle sentenze di tribunale alla normalità della vita scolastica. E che tra scuola e genitori possa finalmente saldarsi quella rispettosa “alleanza educativa” che oggi tanto spesso manca. (Luca Soliani)
17/09/2010 L’Informazione – Reggio emilia Pag. 15

articoli SI-NO:
IPERATTIVITA
Farmaci? No, premi
Per la cura dei bambini iperattivi oltre ai farmaci serve la terapia psicologica
Una terapia psicologica a base di incentivi e gratifiche per premiare la corretta esecuzione dei compiti può avere lo stesso beneficio dell’utilizzo di psicofarmaci nella cura dei bambini affetti da sindrome di disattenzione e iperattività (Adhd). A dimostrarlo è uno studio dell’università inglese di Nottingham, secondo cui esistono risposte al disagio dei bambini valide, efficaci e, soprattutto, prive degli effetti indesiderati dati da un trattamento farmacologico. Lo studio ha confrontato bambini iperattivi trattati con il Ritalin (metilfenidato) e bambini normali: la conclusione è che stimoli motivazionali hanno gli stessi effetti in entrambi i gruppi. Quindi è importante non limitare la cura alla eventuale somministrazione del farmaco, nei casi in cui è necessario, ma dare sempre spazio a strategie psicopedagogiche per normalizzare i comportamenti e contenere gli eccessi.
14/08/2010 Test Salute – N.87 – agosto 2010 Pag. 5
Ndr: nessuna novità, che i premi e le gratificazioni funzionano lo sappiamo ormai da quando ci stiamo occupando di adhd (sulla pelle dei nostri figli e spesso anche sulla nostra), ma la conclusione che i farmaci possono essere sostituiti da premi e gratificazioni non è così elementare: certo gli uni in combinazioni agli altri danno degli esiti sorprendenti!

articoli di interesse vario:
>neuroscienze >mente> evoluzione
PER IL CERVELLO CI VUOLE ATTENZIONE
Le tecnologie aumentano il multitasking Ma potrebbero ridurre la concentrazione
RICCARDO VIALE
Un interrogativo che, spesso, viene posto in convegni e trasmissioni televisive è quanto le nuove tecnologie multimediali possano avere un effetto negativo sullo sviluppo cognitivo del bambino. La risposta non è chiara, ma vi sono indizi di tipo neurocognitivo che sembrano deporre a sfavore delle nuove tecnologie.
In un famoso esperimento elaborato dallo psicologo dell’Università dell’Illinois, Dan Simons, viene mostrato un video in cui varie persone si lanciano una palla. Viene poi chiesto ad alcuni adulti di contare quante volte la palla passa da una mano all’altra. Il test è reso difficile dal movimento dei giocatori che cambiano in modo imprevedibile traiettoria. Alla fine del test viene chiesto ai partecipanti se avessero notato qualcosa di insolito nel video. La risposta era prevalentemente negativa. Lo stesso test viene ripetuto una seconda volta, chiedendo ai partecipanti di non contare più i passaggi di palla. In questo secondo caso tutti si accorgono che sullo sfondo del video fa capolino un gorilla che attraversa indisturbato tutto lo schermo.
Come è possibile un tale fenomeno di cecità? Il dato sorprendente è che lo stesso video, presentato in un convegno di psicologi americani al corrente dell’esperimento, abbia prodotto lo stesso effetto. Inattentional blindness (cecità attenzionale) si chiama il fenomeno. Il soggetto si focalizza su un compito da eseguire e tutto ciò che rimane fuori dal cono di luce della sua attenzione è come se si dileguasse a livello percettivo. Casi più comuni della nostra esperienza quotidiana avvengono quando siamo concentrati in una conversazione e non sentiamo chi ci parla di fianco, o quando durante una lettura siamo distratti da un pensiero improvviso e continuiamo a leggere senza più cogliere il significato, o quando ci concentriamo su un gusto o un profumo e non ci accorgiamo degli altri a esso associati. Nell’esperimento del gorilla la corteccia frontale, eccitata da una maggiore presenza di acetil colina, inibisce la parietale e l’occipitale dall’inviare nuove informazioni relative al gorilla e concentra l’attività percettiva sul compito assegnato, la conta dei passaggi della palla.
Quale potrebbe essere la performance dei bambini nell’esperimento del gorilla? Se consideriamo ciò che conosciamo della cognizione infantile non sorprende che essi si comportino molto meglio degli adulti. Individuano con una maggiore frequenza i personaggi di disturbo in questo tipo di esperimenti sulla inattentional blindness. Si dirà che questa superiorità deriva da una loro maggiore tendenza a distrarsi. È vero, ma corrisponde solo a un lato della medaglia. I bambini, in realtà, hanno una maggiore capacità a utilizzare in parallelo i vari canali percettivi. Sono soggetti multicanale in grado di recepire molta informazione e in tal modo apprendere più degli adulti. Sono delle vere e proprie learning machine. Ciò si riflette anche in una maggiore distribuzione dell’acetil colina in varie parti del cervello (quindi non solo nel lobo frontale) e in una immaturità del collegamento dei lobi frontali con quelli parietali e occipitali (che in tal modo non sono inibiti). Questo parallelismo multicanale tende ad affievolirsi con il passare degli anni, quando matura la connessione inibitoria del lobo frontale e si consolidano le reti neurali selezionate con l’apprendimento.
Proprio rispetto a questa dinamica evolutiva ci si chiede che influenza possa avere sui bambini il crescente uso delle molteplici tecnologie informatiche e multimediali. La risposta è contraddittoria. È vero che l’utilizzo di computer, iPhone, iPad, iPod, videogiochi sta aumentando la propensione multitasking degli adulti. Vi è una tendenza a diventare più capaci ad affrontare contemporaneamente molte attività e a prestare più attenzione (come nei primi anni di vita) a varie sorgenti informative. Dall’altra, però, se si vanno ad analizzare alcuni dati presentati da Eyal Ophir e il suo gruppo di Stanford si scopre come i soggetti che fanno un grande uso di tecnologie tendano a comportarsi come i bambini nell’esperimento del gorilla: hanno più difficoltà a escludere l’informazione distraente e concentrarsi sul compito. Ad esempio se si chiede loro di fare attenzione al movimento di un rettangolo rosso sullo schermo avranno più difficoltà a non distrarsi dall’aggiunta di un rettangolo blu sullo stesso schermo. Inoltre, sempre per il deficit di attenzione, sembrano meno efficaci nel passare velocemente da un compito all’altro. Ci si chiede se questi cambiamenti cognitivi e percettivi derivino da un rewiring di alcune parti del cervello, ad esempio con l’indebolimento della funzione inibitoria della corteccia frontale su quella parietale e occipitale. Se così fosse si potrebbero porre inquietanti interrogativi sul rischio che l’utilizzo di queste tecnologie nell’età evolutiva possa influire negativamente sullo sviluppo delle capacità “attenzionali” dell’individuo.
riccardo.viale[at]fondazionerosselli.it09/09/2010 Sole Nova Pag. 11