“Abbiamo capito che il mondo che hai intorno ha paura della diversità, rifiuta i diversi, i problematici, gli handicappati…”
Alessandro è stato trovato che aveva all’incirca un anno di vita completamente abbandonato sotto una panchina del dispensario delle Suore Salesiane di un piccolo paese in Haiti (Caraibi), nel novembre del 1990. Era molto grave, denutrito, varie ferite nel corpo. Ricevette le prime cure e poi la Suora responsabile trovò una nutrice che si occupasse di lui. La Suora telefonò a noi chiedendoci se desiderassimo accogliere Alessandro e quindi avviare le pratiche per l’adozione internazionale.
Abbiamo detto subito di “si” ad Alessandro, e l’accogliemmo concretamente tra le nostre braccia e nella nostra casa dopo sei mesi, nel Giugno del 1991. Alessandro è il primo dei nostri 4 figli. Con lui abbiamo adottato anche Marinella, di un anno più giovane di Alessandro, e subito dopo 4 mesi del loro ingresso nella nostra famiglia, Paola mia moglie partorì Anna. Diventammo, così, nel 1991, in pochi mesi, da giugno a ottobre, genitori di tre figli, nel progetto genitoriale adottivo e naturale. Dio aveva esaudito pienamente e prontamente le nostre preghiere. Dopo 2 anni, nel ’93, abbiamo desiderato e concepito responsabilmente Mariachiara, figlia desiderata e preziosa quanto gli altri.
Alessandro è sempre stato un bambino stupendo, gioioso, solare, trasparente, affettuoso, con un grandissimo bisogno di essere amato, ma un bambino sempre in movimento, mai fermo, con la testa sempre altrove, mai attento a niente. Fin dalla scuola materna, aveva grandi difficoltà a portare a termine le consegne date, stare dentro le regole, intessere buone e serene relazioni con i coetanei. Ma la bomba scoppiò quando fece l’ingresso alla scuola elementare.
Lì Alessandro rivelò nella sua totalità tutti i bisogni interiori, psicologici, affettivi, relazionali. Un bambino con una grande iperattività, con un grave deficit dell’attenzione; tutto ciò gli creava grande difficoltà nel comportamento, nelle relazioni con i bambini, con le insegnanti, e tante volte degenerava con aggressività verbale e anche fisica, vivendo grandi conflitti. Emerse anche difficoltà dell’apprendimento e una lieve epilessia che venne trattata, con buon risultato clinico, con un apposito farmaco.
Alessandro era la grande preoccupazione delle insegnanti, del dirigente scolastico, dei catechisti (suore e sacerdote compresi), per cui, anche su loro consiglio, cominciammo la lunga peregrinazione dai vari “esperti” del mondo scientifico. Anche noi genitori eravamo preoccupati e avevamo bisogno di sapere, capire, conoscere ciò che avveniva in nostro figlio e come poterlo aiutare concretamente. Come genitori abbiamo molto battagliato e combattuto con grande determinatezza al fianco di nostro figlio, per aiutarlo ad essere accolto, accettato, integrato. Più si collaborava con insegnanti, esperti medici e operatori, più la situazione veniva accolta e si cercava per ogni ambito di creare serenità e aiuto concreto.
Abbiamo capito che il mondo che hai intorno ha paura della diversità, rifiuta i diversi, i problematici, gli handicappati. È più facile eliminare, puntare il dito, accusare, usare la cattiveria anziché tirarsi su le maniche e aiutare, comprendere, accogliere, amare, essere vicini, solidali. Ora Alessandro ha quasi 12 anni. È stato analizzato e valutato in questi anni da tanti “esperti”, ma nessuno aveva mai parlato di ADHD. Poi, il caso. Leggiamo un articolo scritto da Giulia e Raffaele D’Errico, autori del Progetto ADHD “Parents for Parents”, e identifichiamo subito in quei sintomi il nostro Alessandro.
Nasce così in noi la speranza. Riusciamo a contattare il Dr. D’Errico che ci invita a rivolgerci al centro di riferimento più vicino a noi. E proprio in questi giorni, dopo tanti anni, è giunta la diagnosi di ADHD e prescritto il farmaco Ritalin. Stiamo attendendo di averlo e somministrarlo con la posologia prescritta dall’esperto medico neuropsichiatra. Alessandro sarà controllato e monitorato e seguito. Noi, come genitori, crediamo che accanto al percorso psicoterapico e psicopedagogico che Alessandro continuerà a fare, il contributo del farmaco potrà aiutare nostro figlio nel suo comportamento e nell’attenzione, migliorando a scuola, nel sociale, a casa.
Tutto ciò speriamo possa portare in Alessandro maggior autostima, serenità, buone relazioni con i compagni, non più rifiuti dai genitori dei compagni, non più paure e difese da parte degli insegnanti. Anche noi genitori, speriamo, respireremo un po’ di più. Puntiamo sul positivo. Crediamo che tutto quello che abbiamo vissuto, anche se con fatica e sacrificio, ci ha aiutati a crescere, ci ha fortificati come persone, come coppia, come famiglia; la nostra fede è cresciuta. L’importante in tutto questo è non stare soli, isolati o nell’ignoranza, bisogna chiedere aiuto, e chiederlo alle persone giuste che hanno esperienza e competenza specifica in questo campo, e saper cogliere tutto ciò che c’è di buono e di sano per darlo ai nostri figli, perché diventino persone serene, equilibrate che vadano incontro al loro futuro con gioia e speranza.
Franco e Paola Crivellari. Rosolina (RO), 29/10/2001