========= AIFAnewsletter n. 185 anno VIII del 22/11/2010 =================
Notiziario sul Deficit d’Attenzione con Iperattività, disturbi e problematiche ad esso correlati, diffuso dall’Associazione Italiana Famiglie ADHD Onlus.
In questo numero:
1. EVENTI:
– Convegno regionale AIDAI Veneto – 26 novembre a Mira (VE) “ADHD:quando clinici e insegnanti collaborano. esperienze dal mondo della scuola”
– segnaliamo anche, seppure in ritardo :
– Convegno CnAMC di Cittadinanzattiva “Qualità dell’aria nelle scuole: un dovere di tutti un diritto dei bambini-INSIEME SI PUÒ”- 4 novembre 2010 – Roma
– 5°Convegno nazionale AIFA Onlus – International Joint Conference ADHD Europe – AIFA Onlus:
“LE MOLTE FACCE DELL’ADHD” Roma, 26 febbraio 2011
2. STORIE VERE:
– la lettera di una mamma al dirigente scolastico
3. L’ANGOLO DELLA POESIA:
– mia libertà!
4. RASSEGNA STAMPA:
articoli per riflettere:
– Nostro figlio rovinato da una diagnosi tardiva
– Alunno disabile affidato a insegnante di sostegno cieca
articoli SI:
– sindrome di Tourette: L’origine genetica
– Lodi: un progetto per bambini iperattivi
– Cremona: salone dello studente
– Iperattività: è colpa dei geni
– Francofonte (Sicilia) Un progetto scolastico
articoli NO:
– Bambini iperattivi – colpa della sindrome da deficit di attenzione
articoli di interesse vario:
– adolescenti: sms e iPad disturbano il sonno
– il pregiudizio, i tagli alla scuola e l’insegnamento di Socrate
1. EVENTI:
– Convegno regionale AIDAI Veneto dal titolo “ADHD:Quando clinici e insegnanti collaborano.Esperienze dal mondo della scuola”
L’evento si svolgerà venerdì 26 novembre 2011 alle ore 14.00 nel teatro Villa dei Leoni , Riviera Silvio Trentin 3 a Mira (VE)
Per iscrizioni rivolgersi a D.ssa Alice Tacchetto – tel 041 5160879 – veneto.aidai[at]libero.it
Convegno CnAMC di Cittadinanzattiva “Qualità dell’aria nelle scuole: un dovere di tutti un diritto dei bambini-INSIEME SI PUÒ”- 4 novembre 2010 – Roma Via Curtatone,
Lo scorso marzo ha avuto luogo la V Conferenza interministeriale Ambiente e Salute organizzata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità in collaborazione con il Governo italiano. La Conferenza è stata l’occasione per presentare i risultati ottenuti dall’attuazione del Progetto internazionale SEARCH (Indoor Air Quality in European Schools) del Regional Environmental Center (REC) relativo ad un’indagine sulla qualità dell’aria indoor nelle scuole e sulla salute dei bambini che ha riscosso grande attenzione a livello internazionale. Il progetto è stato promosso dal Ministero dell’Ambiente, della tutela del Territorio e del Mare, ed è stato realizzato grazie all’impegno di un gruppo di lavoro costituito da esperti dell’ Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA, ex APAT), le Agenzie Regionali Ambientali (ARPA) di Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna, Sardegna, Lazio e Sicilia, la Fondazione Maugeri e Federasma Onlus.
Il Ministero Ambiente, ISPRA e Federasma Onlus, al fine di presentare e condividere a livello nazionale l’esperienza maturata nell’attuazione del progetto SEARCH in Italia ed illustrarne i risultati contenuti nella pubblicazione presentata alla Conferenza di Parma,hanno organizzato il 4 novembre scorso presso l’Auditorium dell’ISPRA un Convegno dedicato dal titolo “Qualità dell’aria nelle scuole: un dovere di tutti un diritto dei bambini. Insieme si può”. Per visualizzare il programma visitare il sito dell’ISPRA (www.isprambiente.it) collegandosi al seguente indirizzo:http://www.apat.gov.it/site/it-IT/Modulo_Iscrizione/Convegno/default.html?PageID=16783 , oppure direttamente in sede ISPRA
Tonino Aceti
Responsabile nazionale CnAMC
5°Convegno nazionale AIFA Onlus – International Joint Conference ADHD Europe – AIFA Onlus:
“LE MOLTE FACCE DELL’ADHD”
Roma, 26 febbraio 2011
Per la prima volta l’AIFA Onlus organizza un convengo internazionale in collaborazione con l’Associazione Europea ADHD-Europe.
L’evento si svolgerà nel Salesianum, Via della Pisana, 1111 a Roma. Sarà disponibile la traduzione simultanea
Moderatore è il Dott. Renato DONFRANCESCO; Neuropsichiatra Infantile
Per il programma consultare il sito www.aifa.it
Per le iscrizioni inviare la scheda di iscrizione compilata alla segreteria AIFA Onlus email: tel 0761508126, fax 06 233227628
L’iscrizione al 5° Convegno Nazionale è obbligatoria.
Il mancato invio della scheda non permetterà l’uso delle cuffie per la traduzione simultanea e di ricevere l’attestato di partecipazione. Le cuffie saranno disponibili ai primi 300 iscritti che ne avranno fatto richiesta con la presente scheda. La partecipazione al convegno è gratuita.
2. STORIE VERE:
– La lettera di una mamma al dirigente scolastico:
Egr. Dr. …………….
Scuola Media ……..
A seguito dell’ultimo colloquio con Lei circa tre/quattro settimane or sono, siamo molto delusi per come nostro figlio N. sta vivendo il suo percorso scolastico.
Ci è doveroso portarle a conoscenza che N. viene deriso e rifiutato dalla maggior parte dei suoi compagni di classe addirittura con frasi spiacevoli del tipo: <puzzi di m….>. Inoltre, per alcune mamme, N. sembrerebbe far parte del trio negativo della classe dal quale bisogna stare lontani perché disturba e quindi con questi ragazzini è meglio non averci a che fare altrimenti si viene presi di mira dai Professori.
La settimana scorsa nella pausa breve a N. sono stati calati i pantaloni, fino alle caviglie da un ragazzino di II^A, perché mio figlio si rifiutava di dargli la sua merenda. Dopodiché N. ha dovuto appoggiare la merenda per terra per potersi tirare su i pantaloni e oltre alle risate di tutti i presenti a gruppo gli è stata rubata buona parte della merenda. Una Professoressa della I^C che sembra aver visto tutta la scena è intervenuta per evitare che si picchiassero. La cosa sconcertante è che a noi genitori non è pervenuta nessuna comunicazione dai Professori e tanto meno ci sono arrivate delle scuse da parte della famiglia di questo ragazzo. Forse l’episodio non è stato ritenuto importante. Eppure avevo io stessa avvisato due Professori della classe che mi era arrivata voce che un ragazzino di seconda A minacciava N.. Certo non voglio dare colpa ai Professori della maleducazione e inciviltà di qualcuno, ma è anche vero che, se il corpo docenti ritiene doveroso informare noi genitori quando i nostri figli dimenticano il materiale didattico o portano oggetti non attinenti alle attività scolastiche e così via, è altrettanto doveroso e d’obbligo avvisare i genitori quando i propri figli subiscono certe angherie all’interno della scuola, soprattutto se vi è stato necessario l’intervento di un Professore.
Ma non è tutto; a quanto pare c’è una Professoressa che si rivolge agli alunni della I^A con aggettivi e atteggiamenti decisamente poco consoni per la carica che ricopre, del tipo “siete dei P….,”-”non rompete i C…….”,…. e nostro figlio si è preso del “P…. patentato”. Inoltre, non contenta, la Signora Prof. si permette anche di picchiare in testa e sulla nuca il libro ai ragazzi che non capiscono o che disturbano. I “se” possono anche essere tanti ma nessun adulto ha il diritto di mancare di rispetto o addirittura di essere manesco nei confronti di un alunno solo perché crede di trovarsi in una posizione di superiorità. Inoltre N. mi ha riferito, e ovviamente quello che le sto raccontando mi è già stato ampiamente confermato da più mamme e i loro figli, che nei primi giorni del suo arrivo questa Prof., entrando in classe dopo aver ricevuto il saluto dall’intera classe, ha invitato gli alunni ad alzarsi per chiarire subito chi comanda!
Ma dove siamo finiti?
E dire che alla riunione dei genitori proprio la Professoressa coordinatrice portava a conoscenza di noi genitori (puntualizzando che parlava a nome di tutti i Professori) che dovremmo stare più attenti nell’educare i nostri figli, dicendo testuali parole: “la maggior parte dei ragazzini e buona parte delle ragazzine non sono scolarizzati, sono disattenti, lenti, dimentichini (spesso a qualcuno manca il materiale didattico), non hanno educazione nei confronti dei Professori e comunque dell’adulto, perché mentre loro stanno insegnando questi si mettono a chiacchierare tra loro oppure si alzano a buttare la carta etc, etc,”.
Alla faccia… Cosa ne pensa la Professoressa in quanto coordinatrice, del comportamento di questa Insegnante??? Probabilmente come già dichiaratoci in sede di riunione riterrà che è giusto che noi genitori ci rivolgiamo prima all’insegnante con cui si hanno dei problemi e poi solo in un secondo tempo al Preside.
Spiacente, ma non la pensiamo allo stesso modo, primo perché in un paese democratico e con il potere di genitore il cui obbligo è tutelare il proprio figlio riteniamo che nessuno può o deve toglierci il diritto di parlare con chi riteniamo più competente a vagliare e porre rimedio a determinati episodi incresciosi.
Inoltre, noi in particolar modo abbiamo già fatto più di quanto era nelle nostre possibilità dato che io stessa sin dal primo incontro con la Prof. C. ho spiegato la situazione di mio figlio. e consegnato brevi mano proprio a lei del materiale cartaceo e un cd oltre a delle circolari del Ministero dell’istruzione di Roma in cui vi è ben specificato il protocollo e la linea di condotta che bisogna adottare in caso vi sia nella classe un bambino con disturbo di iperattività e dato che il tutto è avvenuto il 18/09/2010 nonostante la stessa si era presa l’impegno di leggerlo e di portare a conoscenza i suoi colleghi in quanto coordinatrice riferendomi che ci avrebbe convocati lei stessa per definire poi un piano di lavoro e collaborazione che a tutt’oggi siamo in attesa. Oltretutto, proprio il giorno in cui siamo venuti a colloquio con Lei per parlare delle problematiche che via via andavano creandosi tra N., alcuni Professori e i suoi compagni, ho incrociato la Prof. C., la quale alla mia domanda se aveva verificato il materiale mi rispondeva che non ne aveva ancora avuto il tempo ma che l’avrebbe senz’altro fatto.
Le ricordo, Sig. Preside, che a tutt’oggi (02/11/2010) nonostante ci fossimo rivolti dapprima, con l’inserimento di N. in quinta elementare a Lei in qualità di Dirigente Scolastico con la relazione dello psicologo che segue N. e nella quale veniva richiesto un programma multimodale e poi in seguito con l’inizio della prima media con la Prof. C. e altri due Professori oltre che ancora a Lei, la situazione di N. va via via peggiorando perché non viene svolto il lavoro come dovrebbe essere fatto, e quel che è peggio, il bambino oltre ad essere stato oggetto di bullismo in quinta elementare lo è stato anche in prima media come già ampiamente spiegato sopra e come se non bastasse è anche oggetto tre volte la settimana di mobbing con la Prof.ssa di Storia e Geografia, e giusto per mettere la ciliegina sulla torta è anche (già) rifiutato da buona parte dei suoi compagni di classe.
Cos’altro dobbiamo aspettarci? Possibile che dopo tutta la nostra buona fede e la nostra disponibilità a non essere invadenti, a non urtare la sensibilità di chiunque, ci si ritrovi dopo un mese e mezzo di scuola a sentirci insieme a nostro figlio soli in un deserto?
Lei mi aveva garantito che per N. sarebbe stata la situazione ideale frequentare la Sua scuola, che sarebbe stato ben supportato da un buon team di Professori, e che Lei stesso era certo di poterlo aiutare. Perché allora siamo già a questo punto?
Non vorremmo sembrarle scortesi e ingrati ma ora più che mai siamo preoccupatissimi e spaventati per ciò che ci racconta nostro figlio e altri alunni della I^A.
Non vogliamo sminuire il lavoro di nessuno, tanto più che siamo consapevoli delle grosse difficoltà che vi sono nelle scuole ma si metta anche solo per un momento nei panni di chi ha bisogno di essere aiutato e per il quale vengono oltretutto dati gli strumenti per poterlo fare al meglio,e che alla totale disponibilità di noi genitori per poter avviare e proseguire un percorso che vada a migliorare non solo la vita di nostro figlio al quale non certo per colpa sua ha delle difficoltà, ma anche la vita degli insegnanti e degli alunni.
Perché noi genitori dobbiamo continuamente sentirci dire che non vi sono sconti per nostro figlio? Non li abbiamo chiesti. Perché dobbiamo sentirci dire che Marco deve attenersi alle regole esattamente come tutti gli altri perché le regole sono uguali per tutti e lui non sarà certo privilegiato solo perché è un iperattivo? Non abbiamo certo chiesto questo!
Perché Lei continua a farci i complimenti per la nostra disponibilità, comprensione e pazienza se poi dobbiamo vivere situazioni di totale abbandono e lasciarci lottare contro mulini a vento? Essere trattati come se fossimo dei presuntuosi che credono di avere il diritto di essere privilegiati solo perché si rivolgono al Preside???
Non era questo che chiedevamo.
Ora più che mai chiediamo il suo intervento e ci perdoni se Le ricordiamo del famoso corso per i docenti sull’iperattività che Lei stesso ha fatto mettere in programma e a tal proposito vorremmo sapere per l’appunto quando pensa di farlo, data la situazione così delicata e particolare.
Nel frattempo colgo l’occasione per ringraziare il Prof. B. per la sua cortesia e il quale dopo un piccolo disguido mi ha dato la possibilità di un colloquio anche se fuori dal suo orario e di avermi dato la sua piena disponibilità nel fare tutto ciò che è nelle sue possibilità per affrontare la tematica di N. e garantendomi che per conto suo aveva già avviato su internet una ricerca sul disturbo di iperattività e esponendomi comunque il suo timore di sbagliare perché non supportato da una figura competente.
Questi sono i Professori che servono, persone che con tanto di umiltà non si atteggiano a sapientoni ma cercano per quello che è nelle loro possibilità di ampliare le proprie capacità professionali a differenza di quei professori che se ne lavano le mani lamentandosi delle loro frustrazioni perché subiscono tagli e perché il loro lavoro è gravoso in quanto hanno a che fare con un minimo di 20 realtà e problematiche diverse fra loro e quindi chi per un verso chi perché già genitore e/o anche già nonno, sono convinti di agire per il meglio utilizzando solo ed esclusivamente la conoscenza personale.
Mi spiace ma questa non è professionalità bensì arroganza e totale chiusura verso qualsiasi innovazione.
Ora bisogna veramente mettersi a tavolino e decidere per il meglio concretamente il futuro di N. nella scuola con tutti i Professori e Lei, cosa oltretutto che ci aveva garantito sarebbe stato fatto a breve ma che a tutt’oggi non ci è ancora pervenuta nessuna comunicazione. Anche perché Dr. X., Psicologo di N. (pagato da noi) è a totale disposizione della scuola per poter finalmente iniziare e proseguire un percorso (come da relazione in Vostro possesso) tra nostro figlio, Professori e genitori.
In attesa di un riscontro più celere possibile cogliamo l’occasione per porgere cordiali saluti e rinnovare contestualmente la nostra fiducia presso l’istituzione scolastica.
Lettera firmata dai genitori di N.
3. L’ANGOLO DELLA POESIA:
– mia libertà!
eccola là
là lontana
la libertà
la mia felicità
è là che mi aspetta
tra i monti verdi
pieni di speranza
e un cielo azzurro
ove vedo la mia spensierata giovinezza
e il sole ora riempie l’aria serena
di infinita gioia inattesa
là! Voglio volare là!
Dove ne confini, ne regole
mi dicono cosa devo fare
la mia libertà
è là in mia attesa
ad un passo da me,
quasi posso toccarla
ma da essa
questa ferriata
mi separa.
Cerco di superarla
ma non me lo permette,
e mi rassegno
e resto qui seduto
a guardare, a sperare
la felicità
la mia libertà
là, lontana
eccola là!
L.M. 21 anni (ADHD)
4. RASSEGNA STAMPA:
articoli per riflettere:
– Nostro figlio rovinato da una diagnosi tardiva
Il caso. La testimonianza dei genitori di un ragazzo dislessico: sottovalutato il suo problema
MATTEO TUCCINI
VIAREGGIO. Una diagnosi può cambiare tutto. Può spedire su strade che fino a quel momento non ci si sognava neanche di percorrere. Può rendere la vita un cammino a ostacoli. Soprattutto se quella diagnosi è arrivata in ritardo. E non ha consentito di capire al momento giusto cosa stava succedendo.
A testimoniare le difficoltà di una famiglia in un caso sottovalutato di dislessia, sono due genitori, Patrizio e Mara. La dislessia è un disturbo dell’apprendimento, che emerge da bambini e rende difficile imparare a leggere, scrivere, fare i calcoli. Per anni è stato ignorato, come spiegato poche settimane fa da una famiglia di Forte, che ha raccontato al Tirreno il proprio calvario a scuola con gli insegnanti che fingevano di non capire. Per Patrizio e Mara il calvario è passato velocemente dalla scuola alla vita. Perché i dottori non si sono accorti subito del problema di loro figlio. E ne hanno cambiato per sempre l’esistenza. Ora questa coppia vuole lanciare un segnale, perché «è importante – dice Mara – fare diagnosi precoci di dislessia. Per evitare che i bambini si credano “scemi”, come mi ha detto in seguito mio figlio».
«Non potevano dirmelo subito?». «Nostro figlio, oggi maggiorenne, è stato riconosciuto affetto da Dsa ( disturbo specifico di apprendimento) quando aveva 10 anni – raccontano Patrizio e Mara – La sua situazione era ed è grave tutt’ora. Lui non è affetto solo da severa dislessia e discalculia, ma anche da disgrafia e disortografia, e come se non bastasse da un disturbo dell’attenzione e iperattività. Ha passato gli anni della scuola elementare da incubo. La diagnosi è giunta alla fine della quinta, perché siamo andati a Bologna nel centro delle disabilità linguistiche e cognitive dell’età evolutiva, allora diretto dal professor Giacomo Stella.
Mentre per quanto riguarda l’iperattività siamo andati a Calambrone al centro Stella Maris».
Come mai a Bologna? Perché allora all’Asl 12 Versilia non c’era chi fosse in grado di verificare la presenza del disturbo. «Nostro figlio era in carico all’Asl 12 da quando aveva 5 anni – dice Mara – prima con la psicomotricista, poi con la psicologa ed infine con il neuropsichiatra che lo aveva visitato. Noi genitori non ci spiegavamo tutte queste difficoltà, sembrava un bambino intelligente. Io, insegnante, mi ero documentata e i dubbi iniziali erano diventate certezze. Ma chi deve fare la diagnosi? Non certo un genitore che si è formato da solo. Nessuno si era accorto della gravità della situazione». E così il ragazzo ha saputo qual era il suo limite a 10 anni passati. E a papà e mamma ha rivolto una frase dura come il marmo: «Ma non potevano dirmelo subito?». Sentiva di aver perso almeno due anni di riabilitazione. E di comprensione di chi gli stava attorno.
Non deve ricapitare ad altri. Ora il ragazzo ha 21 anni e diversi problemi di comportamento. «Sta rendendo la sua e nostra vita sempre più difficile – concludono i suoi genitori – E’ vero quanto si dice su certi insegnanti, ma non dimentichiamo che per evitare situazioni come la nostra serve una seria e precoce diagnosi. Il nostro è un appello e un desiderio: vogliamo che non ricapiti più quanto accaduto a noi».
10/11/2010 Il Tirreno – Viareggio Pag. 3
Il Fatto quotidiano
Scuola, a Messina un alunno disabile viene affidato a un’insegnante di sostegno cieca
La replica del preside: “L’insegnante ha diritto a quel posto. Non posso farci nulla”. Nella scelta l’unica regola in vigore è quella della graduatoria e del punteggio In un liceo scientifico in provincia di Messina un paradossale tentativo di integrazione nella classe di un alunno disabile, un ragazzo autistico iperattivo: lo affidano a un insegnante di sostegno cieca. Un sostegno, dunque, fuori da ogni regola di buon senso, tanto più che l’alunno da assistere ha bisogno di qualcuno che almeno sappia come si stia muovendo e dove vada a finire. È in gioco la sua stessa incolumità. Ma in queste condizioni come si fa? La denuncia arriva dal Sindacato famiglie italiane diverse abilità
La famiglia avverte che la situazione è insostenibile e si rivolge al preside della scuola per trovare una soluzione diversa. Laconica la risposta: “L’insegnante di sostegno ha diritto a quel posto. Non posso farci nulla”. Come sempre nella scelta degli insegnanti l’unica regola in vigore è quella della graduatoria e del punteggio. Costi quel che costi. Risultato: un alunno disabile resta in pratica senza adeguata assistenza, e lui sì che si vede un diritto sacrosanto negato. Senza che la famiglia abbia alcun margine di trattativa, e se vuole far valere il suo diritto dovrà rivolgersi al tar.
Un caso imbarazzante per tutti: per la stessa insegnante cieca, innanzitutto, che si vede attribuire un posto (e un relativo stipendio) e una responsabilità a cui non è in grado di far fronte, e per quella prima classi di liceo scientifico in cui lo studente disabile doveva inserirsi senza tuttavia che ci fossero le minime condizioni per integrarlo a vantaggio suo e dei suoi compagni. Va detto che si tratta di situazioni purtroppo non rare, perché la graduatoria non ha tra le sue caratteristiche il fatto di rispettare le esigenze della scuola e dei suoi alunni.
Un problema annoso che nessun governo di qualsiasi colore ha finora risolto. Quindi nemmeno Maria Grazia Gelmini che a tante cose ha pensato, ma mai a risolvere questo problema. Il sistema di reclutamento degli insegnanti resta quello che è. Come restano tutte quelle condizioni pesantemente negative che incidono sulla qualità della scuola italiana troppo spesso affidata a soluzioni assurde.
Messina, il ragazzo autistico affidato a insegnante cieca ha lasciato la scuola La famiglia, intanto, è passata alle vie legali, dando incarico a un avvocato di diffidare l’istituzione scolastica a sostituire la docente di sostegno Ormai ha lasciato la scuola (e non vuole più tornarci) il ragazzo autistico iperattivo affidato al sostegno di un’insegnante cieca. Frequentava la prima classe del liceo scientifico Caminiti di Santa Teresa di Riva, in provincia di Messina. Inutilmente la famiglia chiedeva da tempo un’assistenza più adeguata. Nulla da fare, l’amministrazione scolastica non ha offerto alcuna alternativa. “Una situazione assurda”, commenta amaramente Maria Vitale Merlo dello Sfida (Sindacato famiglie italiane diverse abilità) che patrocina la causa. “Il ragazzo è in continuo movimento. Come fa una persona cieca a vedere dove va e in che pericoli si mette? Una persona cieca, inoltre, è abituata a farsi sentire toccando le persone. E questo era un motivo in più per scatenare altri problemi, perché guai a toccarlo quello studente: a causa della sua patologia, infatti, scatta e se ne va. Del resto come poteva restare in classe senza alcun profitto? Non sapendo cosa fare d’altro, lo mettevano davanti a un computer a sentire musica. Solo per tenerlo buono, ma senza alcuna possibilità di crescere nell’istruzione”.
L’associazione tiene a sottolineare che sotto accusa non è l’insegnante cieca. “In altre condizioni – continuano alla Sfida – crediamo che potrebbe essere utile e professionalmente preparato. Ma qui no, è la persona sbagliata al posto sbagliato”. Come si è detto ogni tentativo di trovare una soluzione pacifica non ha avuto esito. La famiglia è ora passata alle vie legali, dando incarico ad un avvocato di diffidare l’istituzione scolastica a cambiare le cose. “Gli atteggiamenti alquanto discutibili, scaricabarile, silenzi, rifiuto al confronto – dice ancora la Merlo – hanno determinato solo un disagio e un grave danno allo studente che, per ovvi motivi, rimane a casa. A tutt’oggi chi è preposto a dover dare risposte e trovare soluzioni tace. A pagare, ancora una volta, sono la famiglia e l’alunno. Sfida chiede che le figure coinvolte dimostrino senso di responsabilità e apertura “mentale” alle problematiche della disabilità; perché si evitino contrasti che minano la serenità dei rapporti scuola famiglia ed evitino contenziosi giudiziari”. Va detto che negli anni precedenti il ragazzo autistico era riuscito a superare con buon profitto le classi di elementari e medie. Perché aveva accanto un sostegno adeguato. Alle superiori, dove certamente il ruolo di un idoneo insegnante di sostegno sarebbe stato ancor più decisivo per via di un assurdo meccanismo sull’assegnazione dei posti, l’obiettivo è stato miseramente fallito. Un caso incredibile, ma che pare non sia per nulla isolato.
www.ilfattoquotidiano.it 23 ottobre 2010
articoli SI:
SINDROME TOURETTE L’ORIGINE È GENETICA
LETTERA FIRMATA email
Vorrei avere qualche informazione sulla sindrome di Tourette. È vero che può colpire i giovani? Come si riconosce?
La Sindrome di Tourette è una condizione caratterizzata dalla presenza di movimenti rapidi e improvvisi, o, viceversa lenti e sostenuti, stereotipati, e da vocalizzi di vario tipo che sono conosciuti come tic.
Questi tic possono essere semplici, come uno sbattere delle palpebre, oppure complessi, coinvolgendo un numero maggiore e più articolato di gruppi muscolari, e si presentano quindi con smorfie del viso o di una parte del viso, o con scosse delle spalle, movimenti di torsione delle mani strette fra loro, movimenti che simulano il disegnare, oppure con un picchiettare delle dita su un oggetto. A volte c’è una tendenza a mettersi ad annusare le persone oppure, più spesso, a toccarle. I tic vocali possono essere in forma di “grugniti”, di colpi di tosse, simili all'”abbaiare”, delle sequenze vocali particolari, oppure possono essere frasi formulate, o ripetendo parole o la parte terminale di parole dette da altri, come in un gioco, o invece di immediato contenuto scurrile, e quindi coprolaliche. Caratteristica di questi tic è il variare per intensità nel corso del tempo, e spesso, il cambiare di forma e di sede: a un certo tipo di tic ne succede un altro in una diversa parte del corpo.
È un disturbo che colpisce soprattutto i maschi con un rapporto di tre/quattro a uno rispetto alle femmine e inizia prima dei 18 anni, in genere attorno ai 5-6 anni. L’intensità del disturbo spesso aumenta negli anni successivi e raggiunge il massimo nel periodo prepuberale e all’inizio dell’adolescenza. Poi in molti casi c’è una diminuzione di intensità e di frequenza, o addirittura la scomparsa dei tic, ma in alcuni il disturbo persiste nell’età adulta. La Sindrome di Tourette ha una base genetica della quale non si conosce ancora la natura specifica. La prevalenza di questo disturbo è compresa fra lo 0,15 per cento e il’13 per cento della popolazione, a seconda delle età prese in esame e anche con una differenza fra le varie statistiche. È opinione di vari specialisti che questo disturbo negli ultimi anni sia divenuto più frequente. Nella maggioranza (80 per cento) dei casi la sindrome di Tourette va insieme a un disturbo ossessivo-compulsivo che spesso si manifesta con tematiche di tipo violento, aggressivo, sessuale o di mania per le simmetrie con compulsioni a toccare, a mettere in ordine, a controllare, a contare-ricontare e, a volte, con lesioni (pseudopunitive) inflitte se stessi. Anche il disturbo dell’attenzione con iperattività fa parte del quadro nella maggioranza dei soggetti ‘tourettiani’: si tratta di una particolare irrequietezza motoria, evidente soprattutto nei bambini, accompagnata da una facilità a distrarsi, a una difficoltà nel concentrarsi in un compito e a impulsività.
27/10/2010 Il Secolo XIX – Ed. nazionale Pag. 53
Ndr: segnaliamo l’Associazione AST-SIT Associazione Sindrome di Tourette Siamo in Tanti di Bra (CN), in Via .Barbacana 40, con sede operativa a Novate Milanese (MI) in Via Cadorna, tel 334-3090710, email: www.sindromeditourette.it
– Lodi: Un progetto per i bambini “iperattivi”
I docenti si confronteranno con gli esperti dell’Azienda ospedaliera, così sapranno aiutare gli studenti con problemi
Corsi di formazione per insegnanti: domenica parte la raccolta fondi
Un progetto per aiutare le insegnanti ad affrontare la sindrome Adhd (disturbo dell’attenzione e dell’ iperattività), che colpisce un numero sempre maggiore di bambini nel territorio lodigiano. È quello che coinvolgerà i docenti delle scuole del distretto di Sant’Angelo (materne, elementari, medie e superiori) nei prossimi mesi.
A proporlo l’Azienda ospedaliera della provincia di Lodi, in particolare il presidio di Sant’Angelo dell’Uonpia, Unità operativa di neuropsichiatria infanzia e adolescenza. Per sostenere economicamente il progetto, domenica alle 17 al Cupolone di Sant’Angelo si svolgerà la manifestazione “Una sfilata per Pierino”, organizzata dall’Associazione genitori e amici dei disabili con la collaborazione dell’Azienda ospedaliera, della provincia di Lodi e il patrocinio del comune di Sant’Angelo e della Pro loco. A ingresso gratuito, l’iniziativa benefica prevede una sfilata, abbinata a un gioco a premi (in palio televisori, telefoni e molto altro materiale); tante le attività commerciali del territorio che hanno deciso di appoggiare l’iniziativa, finalizzata appunto a raccogliere fondi per sostenere il corso di formazione per le insegnanti. Corso che si svolgerà all’ospedale Delmati, una volta al mese: durante gli incontri i docenti saranno messi a confronto con esperti, che da anni affrontano la sindrome Adhd. «Il corso di formazione sarà tenuto da psicologi consulenti dell’Azienda ospedaliera – spiega la dottoressa Daniela Melosi, responsabile del presidio Uonpia di Sant’Angelo -.
L’obiettivo è supportare con indicazioni pratiche i docenti che hanno in classe bambini e ragazzi con disturbi dell’attenzione e dell’iperattività». La sindrome Adhd, una patologia in aumento nel Lodigiano, è spesso associata alla dislessia e ai disturbi dell’apprendimento. A scuola i bambini faticano a stare fermi, a concentrarsi, a rispettare le regole: quelli che a prima vista potrebbero essere dei semplici problemi di comportamento, a volte sfociano invece nella sindrome Adhd, sempre più diagnosticata per effetto della raffinatezza delle tecniche mediche impiegate. L’importanza di avere insegnanti preparati ad affrontare questa patologia è crescente, come conferma la dottoressa Melosi: «Notiamo un aumento delle richieste da parte delle scuole; le insegnanti ci chiedono suggerimenti sulle attività didattiche da proporre agli alunni a cui la sindrome Adhd viene diagnosticata. È importante sapere che non si tratta di bambini disturbati dal punto di vista psicologico. Ed è altrettanto importante proporre al corpo docente strategie educative che sfruttino le potenzialità dei bambini». Lorenzo Rinaldi
28/10/2010 Il Cittadino di Lodi Pag. 20
Cremona: Salone dello studente
Aselli, confronto sui disturbi d’apprendimento
Ieri nell’aula magna dell’Aselli si è tenuto il primo incontro del convegno realizzato dall’ Associazione Italiana Famiglie ADHD in collaborazione con l’ Azienda Istituti Ospitalieri di Cremona Unità Operativa di Neuropsichiatria Infantile . L’ADHD, le condizioni associate e le loro ricadute sui processi di apprendimento , è stato questo il tema dell’incontro aperto da Remo Bonardi , e proseguito con le comunicazioni di Giacomo Piccini, Gabriella Pellizzari e Chiara Mazzolini .
L’incontro ha affrontato il problema dell’ADHD quando al disturbo primario si associano altri disturbi quali le DSA, i disturbi del comportamento ,con importanti ricadute sulla gestione del soggetto e della classe. Oggi, sempre presso l’aula magna dell’Aselli si terrà l’incontro dal tema: L’ADHD dal bambino piccolo all’età scolare: una prospettiva evolutiva . L’appuntamento intende sviluppare il tema della diagnosi precoce e dei segnalipredittivi dell’ADHD, in modo da permettere agli insegnanti di seguire proficuamente il bambino nel passaggio delicato dalla Materna alla Primaria.
04/11/2010 La Provincia di Cremona Pag. 18
IPERATTIVITÀ: È COLPA DEI GENI
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Forse è smentita l’ipotesi che all’origine del disturbo da deficit di attenzione e iperattività (Adhd) ci sia un problema di tipo sociale. La malattia sembrerebbe causata, secondo quanto hanno scoperto gli esperti britannici dell’università di Cardiff, dalla “disposizione” dei geni. Dallo studio condotto su 366 bambini e adolescenti con Adhd di età compresa tra i 5 e i 17 anni è emerso che a scatenare l’iperattività sarebbero alcune differenze genetiche dovute a segmenti di Dna duplicati o mancanti. Sotto accusa soprattutto una sovrapposizione identificata sul cromosoma 16, già implicato in vari disturbi psichiatrici, tra cui la schizofrenia.La ricerca, apparsa su “Lancet”, evidenzia la necessità di chiamare in causa i geni per spiegare l’Adhd.
05/11/2010 Viver Sani e Belli – N.46 – 12 novembre 2010 Pag. 12Francofonte (Sicilia) Un progetto scolastico
Si chiama sindrome da AdHd o Ddai Conoscerla aiuta i bambini e i docenti
Francofonte. Negli istituti scolastici del piccolo centro agrumicolo siracusano è stato avviato un progetto con le scuole di istruzione primaria per individuare i soggetti con deficit di attenzione con iperattività (AdHd o Ddai). Nei giorni scorsi si sono tenuti i primi incontri tra alcuni docenti della scuola dell’infanzia e gli specialisti dell’unità operativa di neuropsichiatria infantile di Lentini per uno screening. L’iniziativa sulla conoscenza della sindrome di AdHd, che interesserà molti docenti della scuola dell’infanzia con i loro alunni di età compresa tra i 5 e i 6 anni, è stato promosso dai dirigenti scolastici di Francofonte Giuseppe Frazzetto, del primo istituto comprensivo «Fermi» e da Salvina Ragaglia del circolo didattico «Dante», con il neuropsichiatria Massimo Gramillano del centro NPI di Lentini che è anche il coordinatore del progetto. «La sindrome da AdHd o Ddai, determina se non precocemente individuata e trattata, significativi impegni in ambito sanitario – afferma il neuropsichiatra Gramillano – non solo nella fase dello sviluppo, ma anche in quella adulta del soggetto. Abbiamo voluto dare priorità alle scuole ed ai minori di Francofonte in quanto, dai nostri dati, si registrano segni di un lieve aumento della problematica su questo territorio, a nostro parere, – aggiunge il medico – bisognoso di ulteriori e specifici interventi sanitari con auspicabili ricadute in ambito sociale»
Antonella Frazzetto 07/11/2010
07/11/2010 La Sicilia – Siracusa Pag. 43articoli NO:
PSICOLOGIA Bambini iperattivi – colpa della sindrome da deficit di attenzione
Incapaci di concentrarsi e di star fermi, facili a distrarsi, impulsivi: tutta colpa della sindrome da deficit di attenzione . Ecco come affrontarla Approccio e terapie
Paola Tiscornia
I dati dell’Istituto Superiore di Sanità parlano dell’1 per cento dei bambini e ragazzi fra i 6 e i 18 anni, accomunati dall’incapacità a concentrarsi e la facilità a distrarsi, cui si possono aggiungere anche iperattività e impulsività. Sarebbero questi i principali tratti distintivi dell’ADHD, la sindrome da deficit di attenzione e iperattività.
E le cause?
Esclusivamente organiche, secondo le posizioni attuali di una larga parte della comunità scientifica internazionale, attribuite a un disturbo della regolazione di alcuni neurotrasmettitori (dopamina e noradrenalina) in aree specifiche del cervello. Oggi i bambini che presentano disturbi dell’attenzione (a scuola non riescono a star fermi, a svolgere le attività assegnate, hanno difficoltà di relazione) approdano nei luoghi dove la diagnosi potrà trovare conferma, anche sulla base di test mutuati dal mondo anglosassone, di cui non tutti sono convinti. In caso positivo, si attivano una serie di interventi terapeutici, associando un lavoro di sostegno al personale scolastico; un approccio molto usato oggi è il parent training, incontri con il bimbo e, separatamente, con i genitori per affrontare specifici aspetti pratici dell’organizzazione della sua vita. Se, però, la sindrome di ADHD è marcata, gli specialisti possono indicare l’utilità di abbinare un intervento farmacologico. I principi attivi considerati più validi dall’ISS e dalla Società di Neuropsichiatri Infantile sono il metilfenidato e la recentissima atomoxetina, non ancora disponibile in Italia. I medicinali dovrebbero essere prescrìtti per non più di 36 mesi, in realtà molto spesso le cure si protraggono più a lungo.
Le risposte positive ai farmaci secondo l’ISS arriverebbero anche al 70 per cento. Resta il fatto che, purtroppo, questi farmaci possono avere effetti collaterali comunque non trascurabili: dai problemi generici quali diminuzione dell’appetito, insonnia, problemi gastrointestinali, alla comparsa di tic, di idee ossessive, fino a disturbi del sistema cardiovascolare e addirittura idee suicide; oltre alla dibattuta questione di un possibile aumento del rischio di abuso di psicofarmaci e di sostanze stupefacenti nella successiva adolescenza. Questo alimenta, fra l’altro, un deciso scontro d’opinione fra due gruppi di pensiero. Da una parte specialisti e genitori (riuniti anche nell ‘Associazione italiana famiglie ADHD) che sostengono la necessità dei farmaci, sia pure in casi estremi e come ultima scelta; dall’altra medici e famiglie, per esempio quelli del comitato Giù le mani dai bambini, orientati a premere il pedale verso strade diverse. C’è chi fra altro, oltre a cassare la necessità di arrivare alla cura farmacologica, mette in discussione anche l’esistenza stessa della sindrome.
LA PAROLA ALL’ESPERTA
«In primo luogo bisogna segnalare che per definizione una sindrome non è una malattia, ma un’associazione di sintomi, dei quali si ignorano le interrelazioni e le cause, – sottolinea Ludovica Grassi, neuropsichiatra infantile già dirigente di un Servizio di tutela della salute mentale e riabilitazione in età evolutiva di Roma e psicoanalista dei bambini e degli adolescenti. – Poi bisognerebbe approfondire caso per caso (e a questo non fanno alcun riferimento gli attuali criteri diagnostici) la storia non solo clinica ma di vita di questi bambini e il contesto ambientale in cui avviene il loro sviluppo. Infatti la capacità di attenzione e la tolleranza della frustrazione (che è l’opposto dell’impulsività) hanno origine nei primissimi momenti della relazione del bambino con i genitori, che con la qualità della loro presenza gli permettono di acquisire il senso del ritmo e della continuità. Mentre sul fronte dei farmaci occorrerebbe poter valutare gli effetti non nell’immediato ma sul lungo periodo. Il rischio, infatti, è quello che i bambini resi più tranquilli oggi restino un domani adulti iperattivi, certo più in grado di gestirsi, ma con una qualità di vita molto limitata: per esempio, costretti a scegliere lavori non graditi ma meno impegnativi sotto il profilo della capacità di attenzione. Senza dimenticare che, nella mia esperienza clinica, ho visto tanti casi di iperattività non risolta esplosa successivamente in disturbi psichiatrici conclamati. Per questo ritengo la strada di una psicoterapia mirata senz’altro più idonea, sia che venga svolta con i genitori, con il bambino o con tutta la famiglia. È vero che, come lamentano molti genitori, la progressiva riduzione delle risorse destinate alla sanità e alle strutture pubbliche per l’infanzia non permette di garantire a tutti le terapie più adatte (quelle di gruppo, più facilmente usufruibili, per esempio non sempre sono le più indicate né per i piccoli né per le famiglie) e questo facilita il ricorso a soluzioni più sbrigative, come appunto la strada farmacologica, o come approcci di tipo cognitivo-comportamentale che tendono a chiedere al bambino e alla famiglia di cambiare, indicando i comportamenti giusti da seguire, quando il nodo cruciale sta proprio nel cambiamento stesso e nella difficoltà a metterlo in atto. Il consiglio ai genitori è allora quello di insistere a chiedere, sollecitare e perseguire la strada della psicoterapia pubblica, anche se più lunga e irta di ostacoli».
Intimità n.44 10 novembre 2010
Ndr: pur riportando informazioni corrette l’articolo tende a mettere in evidenza gli aspetti negativi dell’intervento farmacologico oltre a mettere in discussione l’esistenza stessa del disturbo. Questo approccio (a nostro avviso voluto) mira solo a creare confusione e disorientamento, soprattutto se teniamo in considerazione quanto riportato a nome dell’esperta.
Nell’articolo notiamo molta approssimazione, soprattutto nella risposta dell’esperta che pur essendo neuropsichiatra infantile è di scuola psicoanalitica e non certo cognitivo-comportamentalista..
I principi attivi menzionati nell’articolo sono disponibili attraverso 2 tipi di farmaci in Italia dal 2007 (l’autore l’avrà scritto alcuni anni fa? E cosa avrà scritto?), essendo disponibili solo da poco più di tre anni, per ora è inutile parlare di cure che si protraggono molto più a lungo.
Il mondo medico scientifico che si occupa di ADHD da molti anni (parliamo soprattutto degli altri paesi europei) conferma la validità della terapia cognitivo comportamentale, mentre mette in guardia dalle proposte di terapie psicodinamiche e psicoanalitiche che si protraggono (questi si!) per molti anni e non portano alla soluzione dei problemi.
Ma forse questo per ora lo possono confermare solamente i genitori, e semmai quei giovani diventanti grandi che hanno potuto beneficiare di una seria terapia cognitivo comportamentale (come previsto dalle linee guida di intervento sul disturbo), del supporto alle loro famiglie, del positivo coinvolgimento della scuola e (se era necessario) della farmacoterapia.
Per non parlare di coloro che usciti fuori da anni di interventi psicoanalitici con un nulla di fatto.
Più che segnalare di “aver visto casi di iperattività non risolta esplosi in disturbi psichiatrici conclamati”, l’esperta avrebbe dovuto evidenziare quali e quanti i casi da lei presi in carico con un approccio psicodinamico/psicoanalitico ed il cui intervento ha portato ad un esito positivo nell’età adulta dei soggetti presi in carico.
Come genitori abbiamo evidenza di come questa guerra di cultura e formazione (dottori di formazione psicoanalitica e psicodinamica oltre a quella gestaltica o transazionale contro un approccio comportamentalista e cognitivista, psicologi contro psichiatri, neuropsichiatri contro psichiatri, ecc. ) sia (come spesso succede in Italia) fine a se stessa, ponendo ancora una volta in evidenza un voler approcciare le questioni solo dal proprio punto di vista e non voler ricorrere ad un approccio che faccia dell’intervento multimodale basato su un intervento psicoterapeutico di tipo cognitivo-comportamentale uno strumento che miri alla risoluzione dei problemi che i nostri figli hanno. Ma questo, forse, significherebbe per l’esperta negare le proprie origini e formazione professionali. Infatti l’esperta pur sollecitando di perseguire la strada della “psicoterapia pubblica” (lunga e irta di ostacoli)” non spiega e non fa comprendere a cosa lei si sta riferendo.
La psicoterapia pubblica è solo di tipo psicoanalitica, o relazionale? La psicoterapia cognitivo-comportamentale non è a carico del SSN? Sembrerebbe che la questione sia soltanto fra un intervento di sanità pubblica ed una privata. Senza porre l’accento sui contenuti degli interventi: quando si parla di psicomotricità per un bambino iperattivo ADHD che tipo di intervento deve essere effettuato?
A nostro avviso un modo di dire per non dire.
Anche la psicoterapia cognitivo-comportamentale può essere effettuata con interventi sostenuti dal SSN. Il punto è sapere che si può intervenire con questi tipi di interventi così come delineato dalle linee guida nazionali ed internazionali.
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Adolescenti, sms e iPad prima di dormire disturbano il sonno
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studio dello Sleep Disorders Center di Edison, New JerseyAdolescenti,
sms e iPad prima di dormire disturbano il sonno. Insonnia, ansia e depressione sarebbero conseguenza diretta dell’uso smodato, prima di andare a letto, di cellulari e pc: indagine su ragazzi dagli 8 ai 22 anni(Ronchi) MILANO
Mandar messaggi col telefonino fino a notte fonda dal letto, o leggere un libro sull’iPad invece che spegnere la luce e provare ad addormentarsi, da innocue attività potrebbero trasformarsi in pericolose abitudini per la salute dei ragazzi. Causando, a lungo andare, problemi legati all’ansia, alla depressione, o patologie precise come l’ADHD, sindrome da deficit di attenzione e iperattività, così come insonnia. Lo sostiene uno studio clinico svolto nel New Jersey, al Centro dei disordini del sonno della cittadina di Edison, che ha monitorato il ritmo circadiano di circa 40 pazienti, analizzandone nel lungo periodo le abitudini tecnologiche del pre-sonno e la qualità dello stesso. Questa ricerca è solo l’ultima di una lunga serie, che in questi mesi hanno messo in guardia sulle abitudini errate prima di coricarsi.
ABITUDINI –
Sotto la lente dei ricercatori del New Jersey sono passati ragazzi dagli 8 ai 22 anni (l’età media era di 14,5 anni). Una quarantina in tutto, che sono stati anche ricoverati per analizzarne il ritmo di sonno nelle ore notturne. Tra loro, il 77 per cento denunciava di avere problemi di stanchezza, o nell’addormentarsi. I ragazzi ammettevano anche di mandare fino a 33 messaggini (o email) a una media di 4 persone diverse prima di chiudere gli occhi, altri confessavano di passare parecchie ore a giocare ai videogiochi, altri ancora a navigare su internet, leggere su iPad o altri lettori di ebook. Con una differenza tra maschi e femmine, ma anche a seconda delle età: i primi passano più tempo a giocare, le seconde a mandare sms. E con il crescere degli anni, aumentano anche i volumi di messaggi scambiati.
CONSEGUENZE –
Tali abitudini portano i soggetti analizzati a disturbare il loro sonno, arrivando al momento dell’addormentarsi troppo eccitati dall’uso della tecnologia. Nel caso degli sms per esempio, l’attesa della risposta, anche una volta che il messaggio è stato spedito, fa sì che il sonno non inizi in modo “igienico”, ma carica di ansia e aspettative un momento che dovrebbe essere di grande calma e rilassamento. Questo stato mentale è ancor peggio del bombardamento di immagini e suoni dato dalla televisione, o dall’ascoltare musica. Proprio l’interazione poi, come avviene se si gioca o si naviga in rete, è altrettanto colpevole dell’eccitazione pre-dormita. La soluzione, raccomandano gli esperti ricercatori che hanno svolto lo studio, è controllare i ragazzi e convincerli a spegnere pc e dispositivi elettronici almeno un paio di ore prima dell’ora del sonno. E il consiglio vale anche per gli adulti, che tanto quanto i ragazzi inquinano il loro riposo con ogni genere di dispositivo, spesso usato anche a letto.
Eva Perasso 03 novembre 2010(ultima modifica: 04 novembre 2010
08/11/2010 Corriere.it Sito Web
Il pregiudizio, i tagli alla scuola e l’insegnamento di Socrate
di Salvatore Nocera FISH
In questi giorni si sta notando una recrudescenza di tentativi di discriminazione ed emarginazione degli alunni con disabilità dalle classi comuni delle nostre scuole. Ha cominciato l’assessore all’Istruzione e alla Cultura del Comune di Chieri (Torino) («lasciare in classe gli studenti con disabilità è inutile», meglio «inserirli in comunità specializzate»); ha rincarato la dose un docente del Conservatorio di Milano che addirittura ha auspicato «il ritorno alla Rupe Tarpea», sostenendo che «quel che conta è la genetica e quindi la scuola nulla può fare per migliorare l’apprendimento degli alunni con disabilità»; adesso si sono aggiunte alcune critiche alla legge recentemente approvata riguardante la dislessia e i disturbi specifici dell’apprendimento, secondo cui gli alunni interessati da questi problemi sarebbero dei sedicenti malati, allo scopo di farsi ingiustamente promuovere e che la scuola non può diventare comunque un ospedale, con enormi costi a carico dell’erario.
Ciò che è forse più grave è che queste affermazioni pervengono da persone colte, anzi che occupano ruoli pubblici ufficiali. E in tal senso è davvero quasi incredibile la loro ignoranza in materia di medicina e di pedagogia. Infatti, è ormai universalmente comprovato che gli alunni con disabilità che frequentano in Italia le scuole comuni hanno una situazione di stress inferiore a quella dei coetanei che frequentano le scuole speciali, come ha dimostrato con numerose ricerche Renzo Vianello, già preside della Facoltà di Psicologia all’Università di Padova. Inoltre, gli alunni con disabilità che studiano nelle scuole comuni con tutti i supporti previsti dalla normativa conseguono risultati di apprendimento insperati e migliorano il rendimento dei compagni, come dimostrano numerose ricerche condotte da Andrea Canevaro dell’Università di Bologna e da Dario Ianes dell’Università di Bolzano, oltre a varie altre.
Un’ottima riprova l’ha avuta anche recentemente la FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), http://www.fishonlus.it con il concorso “Le chiavi di Scuola” http://www.lechiavidiscuola.it/, già giunto alla sua quarta edizione, che ha selezionato centinaia di progetti di buone prassi di integrazione scolastica, premiando solo i migliori fra i tanti di qualità.
A questo punto si chiede agli elettori dell’Assessore di Chieri e al Ministero dell’Istruzione per il docente del Conservatorio lombardo se ritengano di confermare la loro fiducia in persone di cultura che, nel terzo millennio, ragionano ancora come si faceva a Sparta nel primo millennio avanti Cristo. Queste persone, infatti, ferma restando in uno stato democratico la libertà di manifestazione del pensiero – anche se abnorme – quali garanzie possono dare ai cittadini di serietà culturale in posti di responsabilità quali quelli da loro ricoperti?
Come mai ancora nessun elettore del Comune di Chieri e nessun parlamentare ha rivolto interrogazioni al Governo per conoscere se intendano rimuovere dalle loro attuali responsabilità – spostandole ad altre, meno “inquinanti” – queste persone che non fanno onore alla politica e alla cultura italiana e se intendano assicurare nelle scuole tutte le misure previste dalla normativa vigente per garantire la qualità dell’integrazione scolastica e il rispetto della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, ratificata dall’Italia con la Legge <http://www.handylex.org/stato/l030309.shtml> 18/09?
Se gli alunni con disabilità e i loro compagni non si trovano a loro agio nelle classi comuni, ciò è dovuto al mancato allestimento da parte delle istituzioni scolastiche e degli Enti Locali dei servizi predisposti dalla normativa che i tagli indiscriminati alla spesa pubblica sociale ed educativa stanno paurosamente riducendo. Ma davvero credono i Signori sopra indicati che mandando gli alunni con disabilità nelle classi, nelle scuole e negli istituti residenziali speciali, le spese pubbliche si ridurrebbero? Provino a chiedere al ministro Tremonti quanto costerebbe alla finanza pubblica, statale e regionale, l’educazione separata degli alunni con disabilità e diverranno – sperabilmente – più informati, ragionevoli e consapevoli della loro ignoranza pedagogica e finanziaria.
Senza dimenticare ciò che sosteneva Socrate, ovvero che «saper di non sapere è l’origine del vero sapere».
*Vicepresidente nazionale della <http://www.fishonlus.it/> FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap).