============= AIFAnewsletter n.17 del 14/02/2003 ===========

Relazione del Presidente dell’AIFA Onlus Raffaele D’Errico al Convegno sull’ADHD organizzato dai Lions e svoltosi a Napoli alla I Università l’11/2/2003
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L’IMPATTO SOCIALE DI UNA ESPERIENZA VISSUTA
Abbiamo quattro figli e assieme a mia moglie Giulia siamo genitori di una bambina affetta da ADHD e Disturbo Oppositivo-Provocatorio. Sono pediatra e prima di quest’avventura non avrei mai pensato che esistessero disturbi psichiatrici così dirompenti e che meritassero una così grande attenzione da parte dei medici, della scuola e della società. Oggi sono presidente di un’ Associazione Nazionale, l’AIFA Onlus, che accomuna tanti genitori che come noi hanno attraversato tutte le difficoltà che oggi in Italia deve affrontare una famiglia con un bambino ADHD per arrivare a una diagnosi corretta e per avviare il proprio figlio ad un’opportuna terapia multimodale.

Ma se non si vive questa esperienza come genitore e come insegnante non si può capire e si finisce per generalizzare, etichettare, incolpare. Avete mai vissuto per sole 24 ore accanto ad un bambino ADHD? Sapete cosa significa per un genitore e un insegnante vivere quotidianamente con un bambino che non sta mai fermo, che rompe senza volerlo tutto ciò che gli si para dinanzi, che sporca tre vestiti al giorno, che rompe un paio di scarpe al mese, che non puoi portare al ristorante perché infastidisce chi gli sta attorno, che alle feste non lo vogliono perché “vuole sempre comandare”, con il quale è richiesta una presenza continua per fargli svolgere i compiti e che alla minima frustrazione comincia a strillare come un matto?

Avete mai vissuto in un contesto dove, come genitore, ti senti continuamente additato, criticato, insultato, emarginato perché ritenuto responsabile del comportamento del tuo bambino? Dove velatamente tutti, anche i tuoi più stretti parenti, il medico di famiglia, gli amici più cari, lo psicologo, finiscono per criticarti, per pensare che la colpa è tua?

Se invece sei fortunato scopri che quel comportamento così dirompente di quel tuo bambino non è colpa tua e che tuo figlio ha invece un disturbo organico, biologico che si chiama ADHD, che nulla ha a che vedere con la vivacità: un disturbo che si può e si deve curare, mentre in Italia sentiamo e leggiamo ancora che la malattia non esiste.

Nel nostro Paese il problema principale di questi bambini e delle loro famiglie è che tale disturbo non viene riconosciuto e quindi adeguatamente trattato. Nella gran parte dei contesti ambientali i bambini con ADHD sono considerati come agitati, irrequieti, incapaci di stare fermi, “maleducati” o “disadattati”. La responsabilità del loro comportamento viene fatta ricadere sui genitori e sugli insegnanti e, spesso, viene negato loro qualsiasi aiuto concreto. Altre volte viene fatta diagnosi di bambino depresso o ansioso confondendo la conseguenza con la causa.

Pensate forse che un qualsiasi bambino ritenuto a torto responsabile delle proprie incapacità “biologiche” non possa sviluppare sintomi d’ansia, bassa autostima e difficoltà o incapacità a provare piacere per le attività quotidiane?

Immaginate solo per un momento cosa possa significare per un bambino o un ragazzo avere le gambe legate ed essere accusato di non voler correre: è terribile! E’ come vivere in una gabbia che ti incarcera, sentirti inefficiente, sapere di poterlo fare ma non avere la capacità di farlo ed essere continuamente incolpato e deriso, allontanato, emarginato, bastonato, punito per colpe che non hai!
Questi ragazzi meritano tutta la nostra attenzione e l’amore che può venire conoscendo i loro limiti e aiutandoli a sviscerare le proprie potenzialità di bambini affettuosi, intelligenti, perspicaci, intuitivi, fantasiosi, creativi, artisti, simpatici, leader ma la cui emarginazione sociale, familiare e scientifica relega in un mondo di delusioni e frustrazioni dalle quali talvolta potrà essere difficile far ritorno.

Ricevere il consiglio di aspettare fino a 7-10 anni è forse molto consolante per i genitori, ma è un cattivo consiglio, spesso un grave errore! La vita di un bambino in cui l’ADHD non è diagnosticato né trattato sarà probabilmente segnata dal fallimento e da una scarsa capacità funzionale.

ADHD: una “malattia” rara? Assolutamente! Chi fa ricerca sull’ADHD e ha dedicato tutta la propria vita e la propria carriera professionale a questo disturbo dice che, in ogni contesto ambientale e in ogni regione ci sono in media da 1 a 3 bambini con ADHD in ogni classe di 30 alunni, più frequentemente maschi che femmine.

Ma l’ADHD non è solo un problema scolastico, ma sociale, familiare, medico, psicologico, un problema, cioè, che non può esimere nessuno dall’impegno per la diagnosi, la cura, la terapia e la riabilitazione di questi nostri bambini, adolescenti e adulti.

Il problema scolastico è legato alla scarsissima capacità attentiva del bambino che gli impedisce di svolgere i propri impegni scolastici e tutto ciò che gli richiede un impegno attentivo prolungato. Il 25% degli studenti con ADHD ha altri seri problemi di apprendimento in uno o più di questi campi: espressione verbale, capacità di ascolto, difficoltà di comprensione dei testi scritti, matematica. Metà degli studenti con ADHD ha problemi di espressione orale e circa un terzo di questi studenti ha uno o più dei seguenti problemi: deficit del linguaggio, poche capacità organizzative, poca memoria, basse capacità di motorietà fine, con un’alta incidenza di associazione con disturbi specifici dell’apprendimento come dislessia, disgrafia, discalculia. A causa di queste difficoltà e del mancato sostegno il 30% dovrà ripetere un anno di scuola e il 45% sarà sospeso se non addirittura allontanato dalla scuola; il 21% degli adolescenti con ADHD salta le lezioni scolastiche ripetutamente e il 35% abbandona persino gli studi. Raramente, solo il 5-10%, arriva all’università, pur potendo potenzialmente affrontare il più complesso corso di laurea.
Il problema familiare spesso è aggravato dal fatto che il 40% dei bambini con ADHD ha almeno uno dei due genitori affetto dal disturbo. La quotidianità con questi bambini in famiglia è disturbata dal comportamento di “sfida” e di opposizione che il 65% dei bambini con ADHD mostra, nonché dal cattivo rapporto che essi hanno con figure autoritarie, incluso un linguaggio ostile e scatti di rabbia. Il 50% dei bambini con ADHD ha problemi di sonno e questo soprattutto nei primi anni rappresenta un grosso problema nel management familiare. I genitori di un bambino con ADHD corrono tre volte di più il rischio di una separazione o di un divorzio che non i genitori di bambini senza disturbo. In più del 60% il comportamento altamente disturbante porterà a risentimenti e incomprensioni con i fratelli, frequenti sgridate e punizioni.

ll problema sociale. Il livello dello sviluppo emozionale dei bambini con ADHD è del 30% più lento rispetto a quello dei loro coetanei, per cui un bambino di 10 anni con ADHD agisce con il livello di maturità di un bambino di circa 7 anni, un neopatentato di 18 anni prende decisioni con le capacità di un tredicenne. A causa della cronica e importante disattenzione adolescenti con ADHD ricevono quasi 4 volte più frequentemente una multa automobilistica che non i loro coetanei senza il disturbo e incorrono 4 volte più frequentemente in incidenti stradali con danno all’auto e corrono fino a 7 volte di più il rischio di avere un secondo incidente. Per la metà di essi le relazioni sociali saranno seriamente compromesse con una maggiore possibilità, anche solo potenziale, di dedicarsi alla delinquenza e all’abuso di sostanze stupefacenti nel corso degli anni. Il 25% dei tossicodipendenti e degli alcoolisti – in studi sociometrici americani – sono ADHD. Suicidi precoci in adolescenti bocciati a scuola in contesti familiari e sociali apparentemente “normali” potrebbero essere ADHD. Giovani delinquenti precocemente in carcere, fortemente disturbati, impulsivi, iperattivi, capi di giovani gang, potrebbero essere ADHD. Le ragazze ADHD mostreranno una maggiore frequenza di gravidanze prima dei 20 anni e di malattie sessualmente trasmesse (16%).

Dall’ADHD non si guarisce e un adulto non trattato vive una vita molto difficile sempre che non abbia avuto gravi problemi con la giustizia o che non sia approdato nel tunnel della droga o dell’alcoolismo. Adulti depressi, ansiosi, instabili emotivamente e nel loro lavoro, nella vita di relazione, familiare, che cambiano continuamente lavoro, moglie, auto e che hanno frequenti multe e incidenti stradali, facilmente dediti all’alcool o a sostanze stupefacenti, quasi sempre accaniti fumatori, potrebbero essere ADHD.

ADHD: un problema, quindi, sociale, familiare, scolastico, medico. Le storie vere, di vita vissuta, raccolte in questi anni dalla nostra Associazione e pubblicate in un libro recentemente uscito sono intrise tutte di sofferenza, intolleranza, emarginazione, violenza, disattenzione, non curanza, ma soprattutto di abbandono dei bambini e delle loro famiglie ad un triste destino.

E’ per questo che è nato il Progetto ADHD “Parents for Parents” recentemente concretizzatosi in un’Associazione Onlus, l’AIFA, l’Associazione Italiana Famiglie ADHD, che si propone come obiettivo primario di aiutare, in uno spirito di gratuità, i genitori con bambini che mostrano deficit d’attenzione e iperattività.
Ma perché un’associazione?
Le tante lettere giunte fino ad oggi e in parte raccolte anche nel libro hanno dato via via risposta a questi “perché”.

.per comprendere chi, come noi, vive lo stesso dramma, le stesse difficoltà. “Ma cosa ne sanno loro di cos’è la mia vita, di cos’è lo stress di un’intera giornata dietro un bimbo che corre da una parte all’altra, che non può passargli un bambino accanto senza che lo schiaffeggi.?”.

.perché ci si sente sempre troppo soli. “Descrivere cosa si prova a vivere con un bambino ADHD è inspiegabile: è un rapporto fatto di odio-amore, un sentimento nuovo ancora da scoprire. Solo chi vive tutto questo può capire!”.

.perché la famiglia non debba più lottare da sola. “E’ la nostra vita famigliare scandita dalle sue intemperanze, dalla nostra rabbia nei suoi confronti, dalle sgridate costanti, dal clima di nervosismo. e devo dire grazie a Laura e Giorgio che, nonostante tutto hanno amato e continuano ad amare questo fratello che li ha fatti disperare tanto, che ha “rubato” loro il nostro tempo (Gabriele era costantemente al centro dei nostri pensieri, nel bene e nel male). E la depressione che avanzava e la voglia di smettere e farla finita… E la crisi che si prospettava nel rapporto coniugale…”

.per ricordare a tutti che chi soffre di più non sono i genitori né gli insegnanti ma è il bambino. “.il disturbo non è quello arrecato a me e alle maestre, ma il disturbo è nell’angoscia di un bambino che non riesce a trovare requie, che si sente sempre fuori luogo e a disagio, perché non sa comportarsi come gli altri, che è intelligente e si rende conto che il suo comportamento è inadeguato, ma non riesce a fermarsi.”.

.perché il disturbo va riconosciuto. “Ricordo quante volte mia madre aveva portato Paolo all’Ospedale per sottoporlo ad una serie infinita di esami psicologici e neurologici. Ma Paolo, pur avendo un QI elevato, aveva una totale mancanza di attenzione. Sono sempre stata un po’ gelosa di lui… Mia madre ha smesso di lavorare per seguirlo negli studi. Ora sappiamo, finalmente, che ha un Disturbo ben preciso e che si chiama ADHD, ma per quanto tempo abbiamo sofferto!”.

.perché il bambino va curato adeguatamente, anche con una pillolina se è necessario.
“Quanto non vorremmo dare farmaci ai nostri bambini! Eppure prendendo il farmaco si cambia, il bambino inizia a vivere. ma non si tratta affatto di un cambiamento totale, da iperattivo a mezzo addormentato. Paolo è sempre iperattivo, continua a parlare tanto e a dire un mucchio di stupidate come prima. Ride, scherza, ma riesce a dedicarsi allo studio; a scuola è migliorato tanto e con lui anche i suoi voti. Lui stesso si sente più sereno. E’ molto meno aggressivo, non risponde più di punta a qualunque cosa lo possa infastidire, ma è più conciliante. Mi dice che adesso si sente bene!”.

.perché non tutte le storie sono a lieto fine come questa. “Crediamo che tutto quello che abbiamo vissuto, anche se con fatica e sacrificio, ci ha aiutati a crescere, ci ha fortificati come persone, come coppia, come famiglia”.
.perché essere ADHD non è colpa dei bambini né dei genitori. “Vedi Marco, oggi ho scoperto una cosa molto importante per me. Ricordi tutte le volte che mi dicevi: “Mamma non ce la faccio, non ci riesco, non mi ricordo”? Pensavo che mi prendessi in giro, ma ora ho capito che dicevi la verità!”. E lui, con espressione molto sollevata, mi disse: “Mamma, finalmente adesso lo hai capito!”.

…perché i bambini ADHD hanno il diritto di essere come tutti gli altri. “Questi bambini devono avere la possibilità di dimostrare quello che valgono e Dio solo sa quanto vorrebbero fare ma non ce la fanno.”.

.perché non si debba più essere giudicati ed emarginati ingiustamente. “La madre di un suo compagno di classe mi ha detto che io e mio marito non sappiamo fare i genitori e che non è possibile che mio figlio quasi tutti i giorni disturba sempre il suo bambino… Vorrei scappare in un deserto e gridare…”

.perché il disturbo può essere anche terrificante da vivere. “Vedere il mare in burrasca è uno spettacolo affascinante per i suoi colori e suoi profumi, ma se in mezzo a quelle onde maestose vedi tua figlia che non sa nuotare, il mare diventa uno spettacolo terrificante…”

.perché il disturbo è altamente emarginante. “Capimmo che il mondo che hai intorno ha paura della diversità, rifiuta i diversi, i problematici, gli handicappati. E’ più facile eliminare, puntare il dito, accusare, usare la cattiveria anziché tirarsi su le maniche e aiutare, comprendere, accogliere, amare, essere vicini, solidali”.

E allora, vorremmo concludere con le stesse parole con le quali, lo scorso 10 ottobre alla Camera dei Deputati in un convegno a porte chiuse dove fummo invitati a intervenire dall’On.Guidi, sottosegretario alla Salute, terminai il mio intervento: «Oggi, riusciremo a fare qualcosa di concreto nel nostro Paese per l’ADHD, se avremo l’umiltà, tutti assieme, Medici, Psicologi, Insegnanti, Operatori sociali e della riabilitazione, Educatori, Genitori, di stringerci attorno ad un tavolo rotondo per portare al centro chi soffre ed è emarginato: il bambino ADHD. E’ dalla stretta collaborazione e integrazione di queste figure che si può costruire un mondo migliore per loro.».

Grazie a mia moglie Giulia.
Grazie alle famiglie che stanno lavorando con noi con tanto amore e dedizione.
E grazie soprattutto a voi tutti per quello che farete per questi nostri bambini